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mercoledì 24 novembre 2010

11 - Violino e pianoforte in dolce inno concordi

(Violin and piano united in sweet song)

Dopo aver passato una fase critica, quella dell'incertezza fra contrappunto e relax domestico, Mozart aspetta ancora un po' prima di tornare alla composizione per violino e pianoforte, e soprattutto non pubblicherà più sonate a cascata, concentrandosi invece su pochi capolavori. Il primo di questi è la Sonata in si bemolle KV 454. L'adagio introduttivo farebbe pensare per l'ennesima volta a un modello francese, ma qui la faccenda è ben diversa: siamo ben più vicini a opere nobili come la Serenata KV 361, il cui inizio ricorda molto queste battute d'esordio sognanti e notturne, che non alle leggere consonanze di un'epoca ormai superata. Dalla tenera introduzione sgorga un movimento più felice che allegro:



Pur rallentando il tempo, com'è logico, il secondo movimento non si discosta da questa Stimmung quanto mai idilliaca. Lo conferma il bellissimo tema che ripercorre e amplia la vena melodica già assaporata nell'introduzione dell'opera; col secondo soggetto il brano pare fermarsi e quasi riflettere, ma poi riprende subito il suo corso con dolcezza petrarchesca.

E' naturale che il tempo conclusivo suoni più vivace: Mozart riesce addirittura a trasformare il violino in tromba con la fanfara che qui funge da secondo tema, ma ciò nonostante questo movimento non è trionfale. Si abbandona a un sobrio virtuosismo per mettere in mostra le doti della violinista che accompagnò Mozart nella prima esecuzione. Di Regina Strinasacchi, se non m'inganno, ci resta solo la silhouette che vedete qui sopra: doveva essere una bella donna, almeno a giudicare da questa immagine che risale al 1795 (la Sonata è del 1784). Che fosse un'eccellente violinista, invece, lo affermarono i critici dell'epoca e lo stesso Mozart in una lettera al padre.




Tra le curiosità che fanno da contorno alla KV 454, piace ricordare che Mozart, non avendo fatto in tempo a scrivere la parte del pianoforte, la suonò a memoria davanti a Giuseppe II. Lo spartito che teneva aperto davanti era infatti vuoto.



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