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domenica 21 novembre 2010

6 - Esperimenti interrotti (e qualche errore dei critici)

Ed eccoci alla seconda parte delle composizioni per violino e pianoforte abbandonate. Si era alla Sonata KV 403 in do maggiore, pure scritta per Konstanze. A legger la dedica, doveva essere la prima di una serie, ma in realtà è rimasta monca nonostante i primi due pezzi fossero completi. Qualche critico lamenta l'alienamento stilistico dell'allegro moderato, ma siamo più che altro alle prese con un pezzo di qualità media, che si riprende nel secondo tema e ci presenta un Mozart sorprendentemente tranquillo, domestico.

Molto più bello è l'Andante, breve ma intenso e deciso, mentre il pezzo finale, benché giudiziosamente completato da Stadler, ha un tema buttato un po' a casaccio che può aver indotto Mozart a desistere e a mettere da canto l'altalenante composizione.

Pezzo isolato e decisamente più impegnativo è il Capriccio (altrove Fantasia) KV 396, un imponente adagio lungo 74 battute. Sull'edizione Ricordi i commentatori fanno Oooh per la bellezza dello sviluppo che contiene un episodio completamente diverso dall'esposizione e tirano in ballo le sinfonie più tempestose di Beethoven quale termine di paragone.

Peccato che, con ogni probabilità, Mozart abbia posato la penna al termine del secondo tema e Stadler, altrove sempre preso per maldestro, sia quindi l'autore di quel mirabile sviluppo e della ricapitolazione che, salvo i cambi di tonalità, è assolutamente identica all'inizio e ha fatto rizzar le antenne ai critici più attenti.

Escludendo i capitomboli dei musicologi, si può effettivamente ammirare l'adagio tanto per le saporose dissonanze che Mozart inserì nelle volute del tema (che può essere benissimo suonato al pianoforte solo, tra l'altro) quanto per l'avvincente e rapsodico sviluppo che, per quanto fuori tema, s'inserisce bene comunque nel tessuto dell'opera.





Come si può notare, il brano è serissimo e neppure il secondo soggetto, pur contrastante, alleggerisce il clima. Poco prima che questa melodia faccia la sua comparsa si notano le dissonanze di cui dicevo, autentici scontri di note a un semitono di distanza che ci portano dritti a Bach. Il Mozart filobachiano non imita Johann Sebastian, ma lo settecentizza: il suo stile austero è irto di cromatismi che in epoca barocca sarebbero stati acronistici.

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