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lunedì 31 ottobre 2011

140 - Una nuova opera di Mozart scoperta?

Se forse l’annuncio è azzardato, vale comunque la pena di soffermarsi su quello che, apparentemente, era solo un controverso duetto che, a detta di alcuni critici, non avrebbe dovuto nemmeno essere attribuito a Mozart, che forse ne aveva soltanto composto le parti dei fiati: il Duetto KV 625, “Nun, liebes Weibchen”, o Duetto dei gatti, snobbato dagli studiosi e raramente inciso su CD.



Sennonché, successivamente, David Buch ha scoperto nella Biblioteca di Amburgo un manoscritto che recava il nome di Mozart tra gli autori e musiche ancora sconosciute. L’unico brano già noto era appunto il duetto summenzionato, ma la cosa sorprendente è che il nome di Mozart non era associato solo a quel pezzo, bensì ad altri che facevano parte del secondo atto. Sicché si può dire con una discreta sicurezza che almeno “Miau! Miau” e “Fort, armer Jüngling!”, entrambi appartenenti al Finale del II atto, sono di Mozart.


Al di là dell’attribuzione dei singoli pezzi, è probabile che Mozart abbia anche partecipato alla composizione dei brani che non gli sono stati ascritti, tanto più che, quando l’opera è stata finalmente incisa nella sua interezza, non faceva un cattivo effetto… Se ne può comunque ascoltare il I atto per farsi più di un'idea su questa musica che forse non merita di ricadere nell'oblio:


domenica 30 ottobre 2011

139 - Musica sacra. Gli ultimi fuochi prima delle grandi incompiute (3)

Con i Vespri solenni KV 339 Mozart migliora i risultati raggiunti con la Messa appena precedente (KV 337), alternando dolcezza e potenza. Si comincia con un fastoso Dixit Dominus, musica condotta con mano sicura, sorretta da trombe e timpani:


Nel Confitebor il clima si distende, ma nelle ventate musicali dell'orchestra si avverte qualche avvisaglia della futura Messa KV 427, quasi l'embrione di uno stile nuovo nel bel mezzo d'un brano quieto, mentre nel Beatus vir l'opera vira inizialmente verso la soavità che ritroveremo nel Laudate Dominum, il pezzo più famoso di questa composizione, prima di entrare in una fase irta di chiaroscuri (passaggi repentini al minore, interventi orchestrali inaspettatamente bruschi):




Inquietante, nel Laudate Pueri, l'anticipazione del Kyrie che udremo nel Requiem. Il fosco fugato che nasce da questo tema crea un efficace contrasto col brano che seguirà, ma in ogni caso non abbiamo più il fiduocioso ottimismo delle composizioni sacre giovanili e notiamo che qualcosa si sta insinuando nelle pieghe di queste letture musicali dei testi sacri.


sabato 29 ottobre 2011

138 - Concertati: il percorso mozartiano (4)

All'Idomeneo segue, piuttosto ravvicinato, il Ratto dal Serraglio, opera in cui Mozart libera ulteriormente (ma non certo del tutto) il suo teatro dalla Teoria degli affetti. Vi si trovano concertati che riflettono le bellezze già incontrate nel quartetto "Andrò ramingo e solo", per esempio in "Ach, Belmonte! Ach, mein Leben!", altro quartetto, di carattere certamente più gioioso, e lampi di grandioso realismo nel Vaudeville finale, come vedremo.

Altro pezzo che si potrebbe considerare un concertato, anche se vede coinvolti sono due personaggi (Belmonte e Osmino, una delle creature mozartiane più odiose e più riuscite insieme), è il Duetto che segue l'amaro Lied con cui il cattivo esordisce:


Quando Belmonte interrompe irato la canzoncina dell'animoso turco, lo fa cambiando totalmente ritmo e velocità, quasi strappando la scena all'antagonista (2:23), cosa che in un'opera seria nessuno si sarebbe mai sognato di fare, tanto meno con questa veemenza. Eppure il Ratto non è affatto privo di scene che si rifanno ampiamente allo stile serio, come nell'aria di Konstanze "Martern aller Arten", riccamente strumentata, e ancor più nel Recitativo e aria "Traurigkeit ward mir zum Lose", dove lo svolgimento della vicenda si ferma per lasciare spazio ai sentimenti della ragazza rapita.

Il resto del Duetto non abbandona questa tensione prima latente e ora scatenata a tutta forza da entrambi i personaggi. Segni del realismo mozartiano: il compositore si diverte a interrompere la placida allure di un'aria per rendere più credibile e naturale l'azione, si trasforma in regista, e come s'è visto nell'Idomeneo, opera tagli a manetta quando ce n'è (e a volte anche quando non ce n'è) bisogno.

venerdì 28 ottobre 2011

137 - Una Missa Solemnis


Nel 1768, ben prima di un'altra messa mozartiana in do minore (la KV 427), vede la luce una Missa Solemnis nella stessa tonalità. Nel Kyrie Mozart maschera una sinfonia delle sue in maggiore e in piena regola lasciandola introdurre da un brano imponente nella chiave d'impianto:


Segue un Andante un po' più convenzionale, ma è un secondo: quasi subito riprende (al Da capo) il "pezzo sinfonico" con coro.

Dello stesso carattere è il Gloria (I parte):

giovedì 27 ottobre 2011

136 - Un altro Notturno, ma Chopin non c'entra

Una delle più strane composizioni di Mozart (benché poco nota) è un pezzo per quattro orchestre in 3 movimenti (forse incompiuto, considerata la sua vena serenatistica o da Divertimento) chiamato Notturno. Le quattro orchestre chiamate in causa per l'occasione suonano a turno la stessa frase musicale riprendendone via via una porzione sempre minore, con un effetto di eco un po' straniante:


Indubbiamente non si tratta di nulla di nuovo, dal momento che di echi in musica sono piene le biblioteche, ma questa è forse l'unica volta in cui Mozart ha prestato il fianco a un gioco di questo genere. L'orchestra multipla rientrerà però in gioco nientemeno che nel Don Giovanni: stavolta saranno tre gruppi di "suonatori" a cimentarsi in un compito ben più arduo, ovvero eseguire tre danze di ritmo e melodia diversi nello stesso momento.

Anche Papà Haydn ha scritto una composizione in eco, un Divertimento intitolato "Il maestro e lo scolare" per pianoforte a 4 mani:




mercoledì 26 ottobre 2011

135 - Il Don Giovanni numero zero

Naturalmente non si può dire che il Convitato di Pietra musicato dal buon Gazzaniga sia il primissimo modello del Don Giovanni, neppure musicale: è già del 1761 la composizione di un balletto gluckiano (Don Juan) che smentirebbe in pieno l'affermazione. Resta però indubbia l'influenza dell'opera quasi coeva sul Don Giovanni di Mozart e specialmente sul libretto, che Da Ponte ricavò ampliando e migliorando i versi di Bertati.


Qui si può ascoltare l'aria del catalogo originaria, che Cazzaniga musicò anche discretamente, ma di modesta qualità letteraria:

Dell’Italia, ed Alemagna ve n’ho scritte cento, e tante.
Della Francia, e della Spagna
ve ne sono non so quante:
fra madame, cittadine
artigiane, contadine,
cameriere, cuoche, e guattere:
perché basta che sian femmine
per doverle amoreggiar.

Vi dirò che uomo è tale,
se attendesse alle promesse,
che il marito universale
un dì avrebbe a diventar.
Vi dirò che egli ama tutte,
che sian belle, o che sian brutte:
delle vecchie solamente
non si sente ad infiammar.      

Quest'altra aria, seppur meno interessante, avrà probabilmente ispirato nell'incipit la celebre "Dalla sua pace":






domenica 23 ottobre 2011

134 - Concertati: il percorso mozartiano (3)

Non era certo un caso se Raaff, primo interprete di Idomeneo, diceva di preferire un'Aria a questo Quartetto, che sovviene certo più alle esigenze drammatiche che a quelle belcantistiche. "Non c'è da spianar la voce, lo sento troppo stretto".

Tutto vero: poche frasi ampie e nessuna concessione alla Teoria degli affetti; qui ciascuno dei cantanti ha a disposizione una frase sua e tutta sua, che varrà anche a caratterizzarlo: fiero l'inciso iniziale di Idamante, consolatrice la risposta della coraggiosa Ilia, disperate le interiezioni di Idomeneo, biliosa la domanda di Elettra.


Ci sono naturalmente anche melodie in comune ("Se vedo il cielo irato" e più avanti "Peggio è di morte") che costituiscono delle colonne portanti per la struttura del brano. Ma, come ha notato Gallarati nel suo "La forza delle parole" (Una monografia sull'Idomeneo), il quartetto è strutturato in tre parti, ciascuna introdotta dalle parole "Andrò ramingo e solo" e che si possono considerare colonne portanti di una forma sonata interrotta, o meglio senza la ripresa (esposizione - sviluppo - coda).

Questa forma sonata particolare gioca con i diversi temi e sottotemi che vengono prima srotolati uno dopo l'altro di fronte all'ascoltatore, poi sottoposti a un vero e proprio lavoro di scavo in cui il tormento variamente sentito dei (e dai) personaggi si irradia in tutte le sue sfumature finché la chiusa, cupissima, sulle parole dell'incipit, non affonda l'ensemble in un disperato silenzio.


lunedì 17 ottobre 2011

133 - "Uno strumento che proprio odio" (6)

Il Quartetto KV 285a, diviso in due tempi, si apre con un quieto Andante che può ricordare nel ritmo e nelle movenze melodiche il 2° tempo del Concerto KV 314. Solo questo, in effetti, suona mozartiano nell'opera, che inizialmente venne "completata" con il 1° movimento del KV 285 da qualche editore che, senza minimamente preoccuparsi delle questioni stilistiche, appiccicò a forza la perla di un capolavoro a quest'opera monca e deboluccia.


Non è detto che quest'opera facesse parte del lotto di composizioni per De Jean (e neppure che sia di Mozart). Ad ogni modo due figure fanno spicco nel I tempo: il tema a gradini ascendenti e la graziosa frase, poco più avanti, che viene distribuita a ciascuno strumento, in una conversazione un po' troppo manierata per essere interessante.

Poco caratterizzato anche il Tempo di minuetto che funge da Finale (8:24), e che suona come tirato via: non sarebbe niente di malvagio se fosse stato scritto da un autore ordinario, ma qui si tratta di Mozart. L'impianto formale è quello di un breve rondò, senza strofe di rilievo (altra pecca che fa dubitare dell'autenticità).

domenica 16 ottobre 2011

132 - Solo per divertimento? (3)

Con i successivi tre Divertimenti (dopo il KV 113 e il 131) Mozart trova un compromesso tra questo genere e quello sinfonico, In realtà è probabile che il compositore li avesse concepiti come sinfonie tant'è vero che Einstein li considera tali (in quanto mancanti dei consuetti 2 minuetti) e il Della Croce li inserisce nella sua monografia sulle Sinfonie mozartiane, sebbene in un capitolo a parte.  

In realtà anche il KV 113 constava di soli quattro tempi, dunque di un minuetto soltanto, e si sarebbe potuto scambiare per una sinfonia, ma era stato espressamente definito da Mozart stesso "Divertimento a 8" (e anche "Concerto", tra l'altro).



Il Divertimento in re KV 136, di gran lunga più noto dei due che lo seguono in virtù dell'arciconosciuto primo tempo, si apre con un tema discendente che Mozart utilizzerà altrove e a lungo (riapparirà, con tonalità identica, nel Rondò KV 485, nel Finale del Quartetto KV 478, ma anche nel finale di questa stessa opera e, in tempo Andante, all'inizio del KV 137).

Anche in questo primo tempo abbiamo una florida esposizione e, per contro, uno sviluppo in minore, anche abbastanza esteso per allargare la zona d'ombra regolarmente presente anche nelle composizioni mozartiane più votate all'ottimismo.

sabato 15 ottobre 2011

131 - Concertati: il percorso mozartiano (2)

Nella sua carriera operistica a due facce (Salisburgo prima, Vienna poi, con la breve e determinante parentesi di Monaco), come si è visto, Mozart passa da un trattamento delle voci neutro - quasi si trattassi di comporre per puri e semplici strumenti - a una possente caratterizzazione delle figure che affollano i suoi capolavori, comprese quelle secondarie.

La differenza è un po' quella che passa tra uno scrittore che nei dialoghi usi verbi, aggettivi ed espressioni uguali per tutti i suoi personaggi e uno che invece differenzi sapientemente il loro linguaggio, pur senza perdere di vista l'unità stilistica del romanzo. Nell'Idomeneo, opera ancora divisa tra la Teoria degli affetti e un nuovo teatro più spontaneo, Mozart infila due esempi (a distanza relativamente breve tra loro) di entrambe le correnti, quasi a voler mostrare il divario che va a creare questo improvviso cambio di rotta.

Stiamo parlando rispettivamente del Terzetto "Pria di partir, oh Dio" e del notissimo Quartetto "Andrò ramingo e solo". Il primo, brano cantato da Idamante, Elettra e Idomeneo, il tema principale intonato dal primo vien ripreso pari pari dalla seconda, senza variazioni di sorta, benché su parole diverse, nonostante i due amanti mancati abbiano indole e ambizioni totalmente diverse.



Né la replica di Idomeneo si discosta più di tanto da questa frase ripetuta, e il seguito del Terzetto si frantuma in brevi frasi musicali pressoché identiche per accompagnare le rotte esclamazioni dei personaggi. Omofonica o quasi la conclusione, se si esclude qualche procedimento imitativo, sugli ultimi tre versi ("Deh cessi il scompiglio / Del ciel la clemenza / Sua man porgerà"): qui a tutti e tre viene assegnata la stessa melodia fino a quando l'orchestra non riprende il comando raffigurandoci la comparsa del mostro marino.

Nel prossimo post dedicato ai concertati mozartiani, ci occuperemo invece del Quartetto "Andrò ramingo e solo", che par tratto da un'altra opera, tanto è differente dal Terzetto appena incontrato.




giovedì 13 ottobre 2011

130 - "Uno strumento che proprio odio" (5)

Riprendiamo il Quartetto KV 285, culmine dell'opera mozartiana per flauto. Dopo il luminoso primo tempo, in cui a un'esposizione raggiante segue un breve sviluppo in minore (cosa che avviene spesso nelle opere mozartiane fondamentalmente prive di ombre, dove si ritrova sempre qualche piccolo elemento di contrasto per ragioni di equilibrio), il secondo tempo costruisce la propria melodia su uno sfondo di pizzicati.

La tonalità di si minore, infrequente in Mozart, sottolinea le particolarità di questo movimento, la cui melodia è tutta affidata al flauto e l'armonia ai pizzicati degli archi. Il livello compositivo non scende di una virgola rispetto al brano precedente, anzi è forse anche superiore: siamo in pieno mondo operistico, il genere che più di ogni altro si confà alle capacità del compositore.


Un'altra caratteristica che rende speciale questo pezzo è il fatto di sfociare senza soluzione di continuità nel Rondò finale, che pur muovendosi su un piano caratteriale differente e più giocoso, non perde nulla in termini di eleganza. 


mercoledì 12 ottobre 2011

129 - Una sonata salisburghese per violino

Con la Sonata KV 378, che non costituisce un ciclo assieme alle Sonate KV 376, 377, 379 e 380, ma è stata composta tre anni prima ed è dunque da considerarsi come un'opera isolata, Mozart si affranca dalle melodie un po' generiche sparse nelle Sonate di Mannheim.

Già il primo tema, teneramente elegante, ci introduce a un'esposizione benissimo delineata, mentre lo sviluppo, tutto insistito su un nuovo elemento in minore, screzia di tinte drammatiche (ma non troppo) un quadro particolarmente sereno.


Sulla falsariga del tempo lento che già abbiamo ammirato nel KV 296 (Sonata di natura molto simile a questa, vedi qui), nel 2° movimento troviamo quella che potrebbe essere un'aria d'opera trascritta per violino e tastiera. Infatti il tema è anche in questo caso preso in prestito da Johann Christian Bach:


Il rapido Rondò di chiusura presenta un altro soggetto chiaro, ma non altrettanto incisivo come i precedenti. Spetta alle ben congegnatestrofe (o couplets) rendere più mosso il carattere del brano:



 Il fascino di quest'opera ha suggerito una trascrizione per clarinetto e trio d'archi:



martedì 11 ottobre 2011

128 - Bis per flauto e pianoforte

La Sonata per violino KV 301 funziona magnificamente anche per il flauto, che si prende così una piccola rivincita sulle svogliate composizioni scritte per De Jean e gli altri oscuri committenti appassionati di flauto. Non dev'essere un caso se, pur modificando l'organico, la qualità della composizione non ne risente: all'epoca si usava spesso sostituire fra loro gli strumenti accompagnati dalla tastiera. 



L'effetto è più o meno quello, felicissimo, del Quartetto KV 285, il capolavoro tra le composizioni mozartiane per flauto.

domenica 9 ottobre 2011

126 - Danze e un ricordo di Praga

Il genere per cui Mozart compose di più è, stranamente, uno dei più trascurati dai critici. I suoi cicli di danze superano per numero anche le sinfonie (e se non le superano, ci manca comunque poco) e abbondano soprattutto in quel periodo di oscura risalita del compositore, ovvero il suo ultimo anno di vita.

Accanto ai Concerti KV 595 e 622, alla Clemenza di Tito e al Flauto Magico, queste composizioni-miniatura mostrano un Mozart sempre eccelso, benché costretto negli angusti limiti di musiche di modesto formato, prive di possibilità di espansione lirica o drammatica. Il ciclo che segue (Contraddanze KV 609, ovvero danze di campagna) comincia con un accenno orchestrale dell'aria Non più andrai:


Dopo il ricordo dei bei tempi in cui Mozart era compositore e operista di grande successo (ma il declino era purtroppo alle porte), questa serie di danze continua con un'altra splendida e fugace invenzione melodica:


Nella terza danza entrano anche i tamburi (rarissimi in Mozart), mentre nella quarta fa spicco un tema rapinoso e trascinante:





Si chiude con una danza che nasconde una nota di profonda tristezza (a 0:50), giustamente segnalata dal critico Ghéon, e tornerà identica nella Contraddanza KV 610 sotto il nome "Les filles malicieuses".


sabato 8 ottobre 2011

125 - Il Re Pastore

Opera variamente giudicata dalla critica, ma splendida dal punto di vista strettamente musicale, il Re Pastore nasce durante la stagione dei cinque Concerti per violino. Pur senza registrare progressi sotto l'aspetto drammatico, Mozart fa qui sfoggio di una generosità melodica ormai straripante.

In genere le arie hanno un andamento tranquillo, in linea con il tema pastorale. Tuttavia, specialmente nell'aria che segue (una delle ultime dell'opera), Mozart quasi si "verdizza", scatenando un'orchestra rabbiosa per accompagnare la disperazione del povero Agenore:


Nell'altro atto (il primo) Mozart sfoggia fin dall'inizio invenzioni cantabili felicemente ispirate. Compaiono, tra le altre cose, le prime battute del Concerto KV 216 (vedi anche http://dailymozart.blogspot.com/2011/04/68-opera-seria-arie-da-concerto-e.html):


L'Ouverture, invece, dopo il Molto Allegro iniziale, sfocia nella prima aria dell'opera, "Intendo amico rio", che suggerisce subito all'ascoltatore il carattere di questa musica danzata, quasi staccata dalla terra:


venerdì 7 ottobre 2011

124 - Musica sacra. Gli ultimi fuochi prima delle grandi incompiute (2)

Con la Messa KV 337 in do maggiore, questa austerità un po’ straniante lascia il passo a un fraseggio più festoso e familiare per noi mozartiani, come quello che apprezziamo nel brevissimo Kyrie di quest’opera, nel quale si coglie anche un bel passaggio (0:25) che funge da tema di apertura e ricorre anche nel Thamos:


Al Kyrie fa seguito l’altrettanto gioioso Gloria, ma via via che i minuti passano si avverte che per Mozart questo genere di scrittura è pura abitudine. Anche la parte iniziale del Credo lascia un’impressione di gaudio generico, neppure troppo convinto, fino alla bella pausa lirica dell’Et incarnatus est (1:27), di tutt’altra intensità:


Interessante, dopo un Sanctus esultante ma piuttosto sbrigativo, la fuga del Benedictus, mentre l’aria “Porgi amor” viene accennata nell’Agnus Dei:




mercoledì 5 ottobre 2011

123 - Un nuovo genere (5): la Sonata KV 305

Il ciclo delle Sonate di Mannheim si chiude con la KV 305 in la maggiore (anche se, in realtà, l'ultima in ordine cronologico è la KV 296, e la prima è la KV 301). Nel brioso Allegro molto di apertura, sottilmente costruito, un elemento che fa parte del I tema torna, in bella evidenza, al termine dell'esposizione, mentre lo sviluppo presenta un materiale sfumato, tra il nuovo e il già sentito, nonché ampie zone in modo minore. Il tessuto è serrato, senza pause:



Caso non raro, il secondo movimento è anche quello finale, ed è costituito da variazioni. Anche qui abbiamo un tema disteso, che non viene stravolto nelle sue varie metamorfosi, ma neppure appesantito da una mera ornamentazione.

martedì 4 ottobre 2011

122 - "Uno strumento che proprio odio" (3)

L'Adagio ma non troppo del KV 313 non dovette convincere quel marpione di De Jean, che lo trovò presumibilmente piuttosto difficile per le sue capacità, e Mozart lo sostituì con un Andante molto più semplice, pur con lo stesso carattere e sempre con due temi.


Anche in questo caso il soggetto più nettamente disegnato è il secondo, arcuato e a specchio, prima sussurrato dal flauto e poi ripreso dall'orchestra. Dopo l'enunciazione si passa subito allo sviluppo, che esplora le regioni del modo minore senza immalinconire il quadro.

Tra concerti e quartetti, ad ogni buon conto, il bilancio si rivelò tutt'altro che positivo perché De Jean, fieramente deluso, pagò solo metà del prezzo convenuto. Né gli si possono dare tutti i torti, se si pensa al secondo Concerto ricalcato su quello per oboe e alla maggior parte dei quartetti. Eppure un capolavoro Mozart lo scrisse anche in questo genere:


lunedì 3 ottobre 2011

121 - Solo per divertimento? (2)

Dopo il KV 113, composto nel 1771, Mozart scrive un altro Divertimento per orchestra l'anno seguente. Siamo già molto più vicini all'ambito della sinfonia, e non solo per via dell'organico nutrito (flauto, oboe, corni, fagotto e naturalmente gli archi) e particolarmente collaborativo. Il piglio con cui questa musica si leva subito dal silenzio è degno di occasioni più importanti, e non per caso quest'opera è letteralmente sommersa da un buon numero di sinfonie - anch'esse tutte di ottimo livello:


Già nel I tempo abbiamo il secondo tema, un sorridente spunto melodico, affidato al flauto, e poi ripreso dall'orchestra che lo anima con le sue sincopi. Nel 2° movimento, tuttavia, Mozart si supera: benché il pezzo sia di competenza dei soli archi, il suo fascino e l'ampiezza dei suoi temi, le sorprese per quanto riguarda la dinamica e la raffinatezza del fraseggio ci portano già più avanti nel tempo.

Nel primo video qui presentato si passa direttamente al ricchissimo finale, pagina d'assalto in cui Mozart riprende tutti gli strumenti per ricavarne splendidi effetti timbrici, senza mai lasciare al caso la struttura del brano, che a un bel momento accelera trasformandosi in un Allegro assai che conclude in festa l'intera composizione.

Il III movimento vero e proprio, in realtà, è un Minuetto fornito di ben tre Trii (caso unico in Mozart), il primo affidato ai soli corni, il secondo al flauto, all'oboe e al fagotto, il terzo infine a entrambi i gruppi di strumenti:



domenica 2 ottobre 2011

127 - "Uno strumento che proprio odio" (4)

Prima di addentrarci nelle bellezze del Quartetto KV 285, però, vediamo il "pacco mozartiano" per eccellenza: il Concerto per oboe KV 314 alzato di un tono e riciclato per il flauto (forse per mancanza di tempo? Strano, vista la velocità con cui Mozart sfornava musica). De Jean, ben lontano dall'essere soddisfatto, aveva già sentito quel concerto nella versione originale e ricambio Mozart di ugual moneta, come sappiamo.

Il I tempo di questo concerto, se togliamo il secondo tema che accenna blandamente a un altro secondo soggetto, quello della Sonata KV 545 (!), suona persino poco mozartiano e non è così chiaramente definito come il movimento di apertura del KV 313, assai più luminoso.


Lo stesso incipit è raffazzonato, ad onta degli eccelsi livelli raggiunti da Mozart in quel periodo (il Concerto Jenomy KV 271 è dello stesso anno), e presenta frasi alla rinfusa che non si riascolteranno più in tutto il resto del pezzo; anche il II tempo, di cui riappariranno ampi squarci nel lento della Sinfonia per il Thamos, resta francamente convenzionale, pur se ben scritto.

A risollevare in parte il Concerto da una sorte grigiastra interviene fortunatamente il Rondò, anch'esso buona anticipazione di un altro brano futuro (l'Aria "Welche Wonne, welche Lust" del Ratto dal Serraglio). Il felice profilo del tema e l'eleganza delle strofe ci restituiscono il Mozart che conosciamo.





Di passata aggiungiamo che Mozart aveva anche abbozzato un altro concerto per oboe, in fa maggiore, finito nel Koechel sotto il numero 293:


120 - Due duo per archi e per amicizia

Pochi parlano del fratello "casalingo" di Joseph Haydn, quel Michael Haydn che, anziché andarsene da Salisburgo come fece l'amico Mozart, vi rimase fino al termine dei suoi giorni. Nel 1783 si trovò in un bel guaio, perché doveva scrivere 6 duo per violino e viola su commissione dell'Arcivescovo di Salisburgo (Colloredo), ma dopo averne composti quattro cadde ammalato.

Mozart si offrì d'aiutarlo a finire il lavoro, anzi lo terminò proprio al posto suo, componendo i soli duo per violino e viola presenti nel catologo Koechel, rispettivamente coi numeri KV 423 e 424, buoni anche come esercizi di stile. Dopo il Bach riscoperto in chiave classica (vedi per esempio http://dailymozart.blogspot.com/2010/11/9-altro-bach.html), abbiamo l'imitazione a fin di bene di un autore contemporaneo.

Per farsi un'idea dello stile di Michael, ecco qui un finale tratto da un duo dei suoi:



Mozart conosce bene quello stile e riesce puntualmente a rifarlo migliorandone i risultati, come possiamo giudicare dal tempo lento del KV 424: 




sabato 1 ottobre 2011

119 - Concertati: il percorso mozartiano (1)

Dal Terzetto "Tandem post turbida fulmina" al Sestetto con coro "Tu m'assolvi, è ver, Augusto", passano 25 anni e opere come il Figaro, il Don Giovanni, il Flauto Magico, nelle quali Mozart amplia, sviluppa e rivoluziona il concertato, brano musicale al quale prendono parte più cantanti (e talvolta il coro), e il cui testo, i caratteri e le melodie si fondono mettendo alla prova l'intuizione psicologica del compositore.

Il primo concertato mozartiano, tratto dall'Apollo et Hyacinthus

Una premessa. L'opera lirica, se confrontata con la musica strumentale, suggerisce lo stesso rapporto che c'è tra un'immagine in tre dimensioni e una in due: la voce diventa una variabile in più, una risorsa illimitata in grado di esprimere ciò che con gli strumenti e anche l'orchestra riunita non possono dire. Nelle sue prime opere, tuttavia, Mozart non sfrutta più del consentito le possibilità offerte dalla voce, mostrando qua e là scintille del suo genio e specialmente nei recitativi accompagnati, ovvero quel tipo di brani in cui si lascia maggior libertà formale al compositore.

Quanto alle arie, invece, se sostituissimo al soprano o al tenore uno strumento di analogo registro, avremmo più o meno lo stesso effetto, oltre a un tempo di concerto per quello strumento e orchestra. Così si disse del Lucio Silla, in cui Mozart accumulò inoltre materiale "per una dozzina di sinfonie" (Einstein), e forse si disse così un po' a torto, perché proprio nel Lucio Silla Mozart comincil a smarcarsi dalle convenzioni, seppur per brevi tratti.




Uno degli ultimi concertati, il terzetto "Quello di Tito è il volto": a ciascun personaggio corrisponde inizialmente un tema diverso che vale a caratterizzarlo. I tremoli ci suggeriscono la paura di Sesto, le distese frasi orchestrali che accompagnano Tito ne sottolineano la serenità d'animo, mentre Publio, che assiste "a parte" alla scena, si limita a un commento didascalico: