Una delle arie più sentite e amate da Mozart è stata certamente "Non so donde viene", preceduta dall'altrettanto celebre Recitativo "Alcandro, lo confesso", dall'Olimpiade di un Metastasio ai suoi vertici. Mozart la musicò due volte, pur non affrontando in blocco l'intera opera, che avrebbe potuto certamente fornirgli altri ottimi spunti.
Da Caldara, Vivaldi, Pergolesi fino a Paisiello e più in là ancora fino a Donizetti, l'Olimpiade metastasiana aveva attratto più di un compositore lungo tutto un secolo. Mozart prese una delle arie più significative per esprimere non l'affetto filiale che palpita nei suoi versi, bensì il suo amore per Aloysia Weber, almeno nella prima versione, KV 294:
Di quest'aria (non del recitativo, però) abbiamo anche una versione per clarinetto e pianoforte che mette in risalto le raffinate evoluzioni dell'orchestra:
La seconda versione è per basso e ha il numero di catalogo KV 512. Totalmente diversa dalla precedente, ha un tempo più rapido (almeno nella prima delle due strofe), ma si mantiene fedele al vecchio stile e alla teoria degli affetti, nonostante l'accelerazione con cui si passa dal recitativo all'aria e il cambio di tempo (e di ritmo, da 4/4 a 6/8) ancor più repentino dalla prima alla seconda strofa:
Che bello poter leggere un tuo nuovo articolo!
RispondiEliminaDue versioni affini ma allo stesso tempo distanti tra loro...in più conservano, nonostante l'aderenza all'estetica metastasiana, una certa genuinità e freschezza che pare mancare a Cimarosa o Cherubini, dove si ha l'impressione di trovarsi di fronte ad un esercizio di stile (ciò non vuol dire che sia un fenomeno estraneo a Mozart, anzi ne risentono molto i lavori giovanili).
Mi rattristo continuamente pensando che il nostro salisburghese ha donato il suo genio a un solo grande dramma del poeta Cesareo...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaCiao Megacle, grazie per il tuo commento :)
RispondiEliminaQuesta trascrizione mi ha permesso di riscoprire un'aria che, quando l'ho ascoltata a suo tempo, era inserita in un cd pieno zeppo di altri pezzi vocali da concerto e finiva per non spiccare rispetto al resto. Qui, nella versione che sostituisce la voce con uno strumento dal timbro affettuoso e squillante, si lascia apprezzare di più.
Quanto alle due arie in sé, preferisco la prima (forse anche per l'uso della voce femminile che si adatta perfettamente al soggetto, mentre quella maschile, pur essendo più coerente dal momento che il personaggio in questione è un uomo, suona già meno neoclassica e meno struggente).
Per un'altra trascrizione di questo tipo c'è anche un articolo sull'altro mio blog: http://mozartminore.wordpress.com/2012/09/16/popoli-di-tessaglia-per-clarinetto-e-pianoforte/
A presto ;-)