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venerdì 31 dicembre 2010

50 - Finalmente Vienna

Tra le prime composizioni scritte a Vienna dopo la rottura con l’arcivescovo “arcitanghero” Colloredo, figura quest’aria con recitativo, “Or che il cielo a me ti rende” (KV 374) che di per sé non spicca rispetto alle altre, ma esprime bene la contentezza di Mozart per essersi finalmente sciolto dal giogo salisburghese.

L’aria è scritta secondo il vecchio stile, con parecchie ripetizioni e la classica forma tripartita col da capo, quasi un ritorno alle origini, ma come non collegare un verso come “La mia gioia, ah, non comprende” con la nuova condizione di Mozart, “Einsam aber froh” (solo ma felice)?



Anche la sezione in minore, “ Solo all’alma un grato oggetto”, è appena appena un’ombra buona per fungere da melodia contrastante, senza comunicare affanno vero e proprio. Sa piuttosto di sguardo a ritroso con sospiro di sollievo in omaggio.

Altra composizione raggiante il Rondò per violino e orchestra dello stesso periodo (KV 373), adattato anche per flauto come KV Anh. 184:



giovedì 30 dicembre 2010

49 - Noi

Noi, che ancora oggi non possiamo amiamo la musica e non possiamo farne a meno.

Noi, che abbiamo conosciuto la musica classica attraverso Mozart e Beethoven.


Noi, che abbiamo cominciato con la 5° Sinfonia e ora stiamo rovistando a fondo la musica di intere epoche. 
Noi, che l’Andante del Concerto KV 467 era troppo bello per non piacere.


Noi, che ogni tanto ci riguardavamo Amadeus.

Noi, che Salieri non era poi tanto male:
(da 0:42 in poi)


Noi, che a scuola ci prendevano in giro perché amavamo la musica classica:



Noi, che il ‘900 non lo capivamo:



Noi, che non conoscevamo ancora i minori del ‘700.
Noi, che più ascoltavamo gli altri e più ci rendevamo conto di quanto fosse grande Mozart.
Noi, che la filodiffusione trasmetteva spesso la musica che ci piaceva, ma altre volte ci chiedevamo “Che diavolo è questa roba contemporanea?”

Noi, che tutte le musiche per tastiera erano eseguite al pianoforte, fossero state pure di Bach.
Noi, che davanti agli scaffali pieni di dischi ci brilla(va)no gli occhi.
Noi, che quando al sabato ci aspettava a casa un cofanetto della Complete Mozart Edition c’era magia nell’aria.

 
Noi, che abbiamo cominciato la collezione coi CD della De Agostini.
Noi, che Beethoven era un gigante nella solitudine e reagì alla sordità come reagisce un uomo.

Noi, che volevamo tornare indietro nel tempo per vedere la prima del Flauto Magico e commissionare un’opera a Mozart.

mercoledì 29 dicembre 2010

48 - Un Mozart serissimo

Senza andare a spulciare nel tragico si possono trovare delle composizioni mozartiane che, pur improntate a una serena allegrezza di fondo, contengono un brano fosco o terribilmente serio che contrasta visibilmente col resto. Un paio di esempi li vedremo oggi con due numeri di catalogo di natura totalmente differente (una Serenata nel primo caso, un Concerto per piano nel secondo), e con scopi altrettanto distanti.

La Serenata Posthorn KV 320 in re, composizione sontuosa con un briciolo di “nostalgia futura” (Mozart brama di vivere a Vienna, con tutte le sue forze), parte con un movimento di gioia sfrenata introdotto da un Adagio (manco a dirlo) maestoso. Nel quarto tempo, però, dopo che la festa è andata avanti senza intoppi, irrompe un tenebroso Andantino in re minore di dolorosa eloquenza:



Pur turbando non poco l’auditorio, questo movimento è seguito da brani di carattere opposto che riporteranno il sereno.

Ancor più riuscito e affascinante è il Concerto per pianoforte KV 453 in sol maggiore, opera oltretutto originale perché, anziché presentarsi all’ascoltatore con gli abituali accordi di tonica, comincia con un tema cantabile e si snoda placidamente, tenendosi cautamente lontano dai trionfalismi, ma è soprattutto nell’Andante (unico per quel continuo cangiarsi di atmosfere) che Mozart esce del tutto fuori dal suo tempo.

Nessuno riuscirà a tenergli dietro in quest’avventura al di fuori dai sentieri battuti, neppure i compositori che verranno dopo di lui:




Segue lo stesso tempo in versione pianistica:




Favolosa l’orchestrazione con le sue finissime tinte timbriche, gli scambi delle frasi musicali tra i fiati, l’improvviso schiudersi delle melodie malinconiche o speranzose.

martedì 28 dicembre 2010

47 - Ouverture da non dimenticare

Dal campo della Sonata torniamo all’Opera per riprendere due brani orchestrali davvero splendidi. Separate da diversi anni, ma affini per brio, intensità ed entusiasmo compositivo, le due ouverture che ascoltiamo oggi ci mostrano il Mozart imperioso:

Il Sogno di Scipione – Quest’ouverture fomerà una sinfonia completa con l’aggiunta del Presto KV 163. A noi interessa, però, soprattutto il primo tempo, in un risplendente re maggiore. Ancora una volta un puro e semplice luogo comune musicale (l’accordo di tonica) diventa, grazie a un trillo e a un moto orchestrale veramente trascinante, la scintilla di una geniale ispirazione.




Der Schauspieldirektor (L’Impresario teatrale) – Antipasto delle Nozze, quest’operina composta dall’ouverture e quattro numeri andò a scontrarsi davanti all’Imperatore con un pezzo satirico di Salieri, Prima la musica poi le parole, in cui Da Ponte non ci faceva una bella figura.

Qualche giornale lodò Mozart a scapito del collega italiano, ma certo l’impegno non mancò da nessuna delle due parti. Stupisce, per esempio, la fierezza e la complessità dello sviluppo nell’ouverture mozartiana, ma anche l’opera di Salieri non esordisce affatto male:



lunedì 27 dicembre 2010

46 - Evoluzione della Sonata in do minore, 2° parte

Un confronto con il futuro: Beethoven e le somiglianze tra la KV 457 e la Patetica

Il campione beethoveniano di sonata in do minore (e mica un campione qualunque: la Patetica) deve parecchio a quello di Mozart. Il secondo movimento, per esempio, riprende fin nel tema iniziale una melodia che fa capolino come tema accessorio (a 3:18) nel tempo corrispondente della Sonata di Mozart, ma anche il ritmo è molto simile nei due brani in esame:




La stessa melodia d’esordio sembra anticipare quella di Beethoven in quell’ascesa graduale della frase affidata alla mano destra che Ludwig imiterà riprende mantenendo però soltanto la durata delle note (confronta 0:12 in Mozart e 0:15 in Beethoven).

Nel finale, se possibile, Mozart è ancora più ansioso e appassionato di Beethoven: a partire da 2:50 circa (fino a 3:16) la musica rallenta progressivamente rendendo ancora più manifesta la propria desolazione.



domenica 26 dicembre 2010

45 - Evoluzione della Sonata in do minore

Un confronto con il presente

Negli ultimi trent’anni del XVIII secolo nascono alcune tra le più grandi sonate per pianoforte. Tonalità prevalentemente classiche si alternano (do, fa, mi bemolle o si bemolle maggiore, ecc.), prima che il Romanticismo porti in auge le chiavi coi diesis, il mi maggiore spingendo verso un’uguaglianza in questo senso.

Non tutto il Classicismo suona tuttavia Classico: il movimento detto Sturm und Drang denota le avvisaglie d’un avvenire oscuro, l’Empfindsamkeit (Sensibilità) reca accenti insospettabilmente moderni che scavalcano anche il secolo successivo, il Preromanticismo intesse trame sconosciute all’ottimismo e alla tranquillità imperanti.  

Senza voler indicare i compositori che ascolterete in questo post come Preromantici o alfieri dell’Empfindsamkeit (lo sarà invece CPE Bach, per il quale rimandiamo alla Fantasia in http://dailymozart.blogspot.com/2010/11/9-altro-bach.html), è curioso il fatto che tutti abbiano composto una Sonata in do minore di carattere simile (Allegro “disperato”, adagio consolatorio e meditativo, rondò sulla stessa lunghezza d’onda del primo tempo).

Ecco, per esempio, cosa scriveva Haydn nel 1771:

J. Haydn – Sonata in do min. Hob. XVI:20 (1771)



Uno dei figli più bravi di J.S. Bach, Johann Christian, gli fa eco otto anni dopo in uno stile non certo galante come suo solito:

J. C. Bach – Sonata in do min. op. 17 n. 2 (1779)


E Mozart? Mozart doveva essersi evidentemente innamorato della dedicataria, Therese von Trattner, se scelse il do minore per scriverle questo:

Mozart – Sonata in do min. KV 457 (1784)


Notate la splendida conclusione in pianissimo laddove avremmo immaginato di ascoltare una salva di accordi fragorosi e risoluti.

44 - Un impero musicale a disposizione

Con l’aria/lied per basso KV 539 (ma l’orchestra si adatta ben più del fortepiano ad accompagnare quest’arco di trionfo in note), Mozart torna alle ingenue descrizioni della guerra che troviamo in qualche sua danza (La Bataille, per esempio), nell’aria “Non più andrai” e nel coro “Bella vita militar” del Così Fan Tutte.

Certo è che la sua abilità nell’inventare motivi belli e semplici – e conseguentemente facili da ricordare – non manca mai di stupire: il testo suonerebbe letteralmente “Vorrei tanto essere l’Imperatore”, ma il compositore è davvero imperatore del mondo musicale e trasforma un canto di propaganda pro Giuseppe II in un’affermazione sicura di dominio nella sua arte.

Ed ecco “Non più andrai”, l’aria più famosa di Mozart:



Qui segue il coro “Bella vita militar”, rappresentazione altrettanto incruenta e “caciarona” della guerra:

sabato 25 dicembre 2010

43 - La prima ouverture a forma di aforisma

Dice giustamente il critico Dent che nell’Ouverture del Così Fan Tutte “i vigorosi accordi sincopati [0:55] possono essere presi per le proteste di cavalleria dei due giovani”. Ma qui sembra che tutto l’Allegro, dopo l’Adagio introduttivo (un Adagio che vale in due sensi: quello di brano musicale in tempo lento e quello di sentenza, pur sempre in musica!) che rappresenta in pieno il personaggio di Don Alfonso, filosofo imperturbabile, rappresenti a sua volta le chiacchiere inutili e gli scatti d’ira degli scettici creduloni, prima che l’aforisma venga riaffermato proprio alla fine [3:52], ribadito dall’orchestra (tutti gli altri): “Co-sì fan tuu-ut-te!” Se si ascolta bene lo strumento dominante nelle prime battute è l’oboe, cui è assegnato lo stesso tema su cui vien cantata la sentenza del vegliardo, “Così fan tutte”:




L’aria di Don Alfonso e il coro che i personaggi gli fanno loro malgrado ce lo confermano (ascolta [0:41] e [0:52]).



Quest’opera, apologia delle (fredde) passioni, è costellata di proverbi e massime (“È la fede delle femmine / come l’araba fenice”, direttamente dal Metastasio, anche se l’originale diceva “È la fede degli amanti” ecc.). Lo stesso coro finale è un’altra sentenza in musica (da 2:09 in poi):

giovedì 23 dicembre 2010

42 - Trascrizioni mozartiane

Nel n° 2 del blog (http://dailymozart.blogspot.com/2010/11/2-gioia-ed-angoscia-per-violino-e.html) s’era parlato della Sonata KV 380, una delle opere più riuscite di Mozart per violino e pianoforte, che curiosamente si adatta alla perfezione, con qualche lieve cambiamento, a un organico composto da clarinetto e tre strumenti ad arco:





Oppure (1° e 2° mov.):




Mozart Clarinet Quartet KV374f
Caricato da produccio. - Guarda altri video musicali in HD!

La trascrizione è dello stesso Mozart, che fece altrettanto con la Sonata KV 378 e il Trio KV 496. Con il quintetto KV 581 avvenne l’opposto, ma in questo caso la trascrizione è anonima:

mercoledì 22 dicembre 2010

41 - Idomeneo e Tito


Difficile trovare due opere tanto diverse dello stesso genere. Idomeneo, frutto di una giovinezza entusiasta e arrembante, traboccante di cori e di arie disperate; Tito, opera di una maturità ancora agli albori, quasi compassata, schiva, introversa. Eppure anche questi due capolavori han qualcosa che li unisce. I moderni concertati, ad esempio:







E le marce: più baldanzose quelle dell’Idomeneo, lente e solenni quelle del Tito:






In ogni caso, confrontare le due opere serie non sembra avere senso: appartengono a due stili totalmente contrastanti. Paradosso musicale: Idomeneo guarda al passato nonostante la sua insospettabile vivacità e i suoi colori, Tito a un avvenire neppure lontano, anche se la lingua in cui si esprimerà nell’800 non sarà più l’italiano, bensì il tedesco.

martedì 21 dicembre 2010

40 - Come ti fondo un nuovo teatro

Con l’aria KV 255 “Io ti lascio”, Mozart non descrive solo l’addio del protagonista di questa scena, ma dà anche egli stesso addio al vecchio stile fatto di arie statiche e ripetizioni pappagallesche di versi che ritroviamo puntuale nell’opera seria non ancora rammodernata dai fulgori di Idomeneo.

Anche se il testo dell’aria reca solo otto versi, Mozart se li giostra modificando le melodie e la scansione delle parole, e fermando, accelerando e rallentando a giusta ragione il tempo del brano. Lo stesso recitativo termina con le prime parole dell’aria (pur non contenendole, per cui l’idea deve attribuirsi a Mozart stesso), con effetto di dolorosa sospensione.

Una grande aria non solo per la scintillante cantabilità che sprigiona fin dalla prima battuta, ma dunque anche per il moderno senso drammatico che la avvolge:




(Un’ampia analisi di questo splendido brano è contenuta nella “Forza delle parole” di Gallarati, libro per l’appunto sull’Idomeneo.)

domenica 19 dicembre 2010

39 - Bis per Aloysia Weber

Dalle arie per le opere altrui torniamo alle arie da concerto, già incontrate con la pagina sul Popoli di Tessaglia. L’altra scena cui Mozart fa riferimento nella lettera ad Aloysia Weber è la KV 272 (“Ah, lo previdi!) tratta dall’Andromeda di Cigna-Santi. Più viva e agitata della tremendamente virtuosistica KV 316, questa scena si snoda come un serpentone attraverso due arie e due recitativi, quasi un’opera in miniatura. La prima aria è furiosa, la seconda ci mostra un animo placato e presenta un tratto comune all’aria “Io non chiedo, eterni Dei”: l’uso finissimo dell’oboe che dialoga con la cantante.






Le abili indicazioni mozartiane contenute nella missiva galante ben si attagliano alla maestria e alla comprensione drammatica di un compositore che, già nella di poco precedente scena “Ombra felice / Io ti lascio e questo addio” KV 255, ha superato la vetusta teoria degli affetti che, d’ora in poi, il suo teatro ripudierà pressoché in blocco.

sabato 18 dicembre 2010

38 - Gare tra clarinetto e soprano

La dolcezza del clarinetto riempie le note degli ultimi anni di Mozart. Oltre al Quintetto e al Concerto e al Così fan tutte (dove allo strumento è riservato un posto d’onore assieme ai cantanti), ne fanno ampio sfoggio anche le arie “Chi sa, chi sa qual sia” KV 582 e “Vado ma dove? oh Dei!” KV 583, entrambe da inserire e conservare nel Burbero di buon cuore di Martin y Soler.





Lineare la prima, un velluto melodico per soprano e orchestra su un testo ansioso (nella musica la tensione si avverte nelle ventate orchestrali, una sorta di febbre del dubbio); più irregolare l’altra, che comincia decisa e si arresta quasi subito (“Vado! Ma dove?”). A sfumare e annullare i contrasti interviene poco più avanti il rallentamento sulla seconda strofa, ma le bellezze timbriche e tematiche dell’aria guardano direttamente in faccia quelle del vicino Così Fan tutte:


giovedì 16 dicembre 2010

37 - Prove tecniche di Susanna e Zerlina

Nella produzione operistica mozartiana di riserva non potevano mancare i concertati, sottogenere nel quale il compositore eccelleva (e la cui mancanza probabilmente inficiò la qualità dei suoi lavori teatrali giovanili). I due esempi che fanno spicco sono un Terzetto KV 480 (“Mandina amabile”) e un Quartetto KV 479 (“Dite almeno in che mancai”) entrambi scritti per La villanella rapita di Bianchi.





In questi due brani risalta assai bene il personaggio della “villanella” (Mandina). Siamo a due passi dalle Nozze e si vede (o meglio si sente): in pochi minuti di musica abbiamo una descrizione quasi completa di Susanna e già si sfiora la discreta tenerezza di Zerlina.

36 - Il Ratto dal Serraglio, l’opera tedesca per eccellenza

Con il Ratto dal Serraglio (KV 384), opera che segue il trionfale Idomeneo e decreta la popolarità di Mozart in Germania dalla sua prima rappresentazione fino ai giorni nostri, il genere del Singspiel tocca il suo primo vertice. Per quanto il compositore non cedesse all’invito paterno di scrivere populär, la musica del Ratto è quanto di più popolare egli abbia scritto, almeno in campo operistico.

Come nel Flauto Magico, sublimità e semplicità si alternano e si fondono, affidate ai personaggi dell’opera: Konstanze e Belmonte per la prima, Blonde, Osmino e Pedrillo per la seconda. Nell’altro Singspiel, tuttavia, sarà il sublime a prendere il sopravvento, mentre nel Ratto l’equilibrio è totale: lo straordinario caratteraccio di Osmino riporta sulla terra l’eroica vena sacrificale della nobile coppia, mentre Blonde e Pedrillo sono in tutto e per tutto due persone normali.



Le virate verso il popolare sono dovute in primo luogo ad Osmino (ce ne accorgiamo ogni volta che canta, sia da solo che all’interno dei concertati, per non parlare della sua anticonvenzionale e (in)felicissima uscita di scena), alle numerose melodie cantabili e alle spettacolari turcherie di cui l’opera pullula fin dalla spumeggiante ouverture. Anche in quest’ultima, tuttavia, l’equilibrio di cui s’era detto si mantiene grazie all’irrompere della prima aria di Belmonte.




Non stupisce, dunque, che quest’opera sia diventato il modello dell’opera tedesca e abbia ottenuto il successo che meritava già quando Mozart era in vita. L’affetto immediato del pubblico teutonico per questo capolavoro è comparabile a quello che il pubblico italiano avrebbe nutrito svariati decenni più tardi per le opere di Verdi.


martedì 14 dicembre 2010

35 - Attenti: riposo

Piccola pausa nel nostro viaggio attraverso le arie mozartiane che trovarono posto nelle opere dei meno noti colleghi e rivali italiani. Per rifiatare un attimo propongo un brano scritto in giovanissima età, la prima Sonata da chiesa di Mozart (KV 67):




Questo piccolo miracolo di purezza melodica, che si avvicina per semplicità e concisione al terzo stile mozartiano - benché ancora cronologicamente lontanissimo – è in una forma sonata al risparmio, diremmo in miniatura, raggiungendo proprio grazie alla sua stringatezza un livello di gran lunga maggiore delle opere coeve.

A questa seguiranno altre due sonate per lo stesso organico, pure considerevoli ma non impressionanti come la prima. Genere negletto come quello dei lieder, nella produzione mozartiana la sonata da chiesa s'identifica spesso con un compito ingrato, svolto generalmente di malavoglia perché imposto dall’Arcivescovo Colloredo. In realtà anche gli esempi futuri che vedranno la luce per mere ragioni di routine ecclesiastica non deluderanno l’ascoltatore, pur mantenendosi logicamente al di sotto - per qualità e ispirazione - dei capolavori riconosciuti di Mozart.

lunedì 13 dicembre 2010

34 - Un intervento sinfonico

Tra le arie sostitutive mozartiane merita un accenno a parte l’Aria KV 541 “Un bacio di mano”, contenente un motivo che tornerà di lì a poco nella Sinfonia Jupiter: tutto il brano è improntato alla gioiosa schiettezza di questa melodia così fortunata, con le impertinenti sortite dei fiati fin dalle prime battute e il suo andamento imperioso, specie nella seconda parte:

domenica 12 dicembre 2010

33 - Sostituti insostituibili

Oltre alle arie che Mozart scrisse come pezzi sostitutivi per le proprie opere, sono da conoscere i suoi pezzi sostitutivi per opere altrui, che spesso son degni di maggior attenzione rispetto a molti di quelli che abbiamo visto nei giorni scorsi.

Divertente, nello stile dell’opera buffa più spensierata, l’Aria “Clarice cara mia sposa dev’essere” (KV 256), autentico sberleffo in note ribattute da inserire nell’Astratto di Piccinni, uno dei maggiori operisti dell’epoca:



Quasi un assaggio di Rossini…

Un altro collega noto che subì diverse “intrusioni” mozartiane nelle sue opere è stato Pasquale Anfossi. Il suo Curioso indiscreto si prese ben quattro prestiti da Mozart. Il capolavoro tra queste arie sostitutive è senz’altro il KV 418, l’Aria “Vorrei spiegarvi, oh Dio”:



Potrebbe tranquillamente far parte delle Nozze: molti tratti ricordano “I bei momenti”; c’è pure il rondò finale, annunciato dall’improvvisa accelerazione dell’orchestra.

sabato 11 dicembre 2010

32 - Rivolgete a lui l’ascolto

Dopo il Don Giovanni, anche il Così Fan Tutte ha il suo “pezzo da novanta” che non fa propriamente parte dell’opera. Trattasi dell’Aria per basso KV 584, scritta per Benucci e inizialmente compresa nel menù agrodolce del dramma. Imponente, maestosa, dall’orchestrazione ammiccante e arguta, quest’aria non è stata ignorata dalla critica, che l’ha anzi considerata una delle più importanti mai scritte da Mozart.



Nel Così fan tutte è stata poi rimpiazzata dalla meno nobile “Non siate ritrosi” (da 1:00 in poi):




È da notare, oltre alle evidenti differenze di qualità compositiva, il passaggio di raccordo con il concertato successivo (“E voi ridete”): mentre in quest’ultima aria il flusso melodico si interrompe per far luogo alle sghignazzate dei due spasimanti, nella prima si ha la naturale conclusione della frase musicale, seguita da un’altra sezione in cui l’orchestra ha modo di sfolgorare, pure perfettamente conchiusa in se stessa, e poi comincia il terzetto con Don Alfonso. Resta ignoto il motivo per cui Mozart ha poi lasciato da parte l’Aria KV 584… 

31 - Abissi di tenerezza



“In quali eccessi, o Numi! in quai misfatti orribili, tremendi, è avvolto il sciagurato!”. Durante il soliloquio di una probabile pazza, la musica di Mozart segue il filo del discorso solo fino al termine del recitativo, poi prende un’altra strada, più attenta alle esigenze della Cavalieri (la cantante che interpretò la parte di Elvira per la prima viennese del Don Giovanni) che non ai versi di Da Ponte e agli aspetti drammatici della vicenda.

Nel recitativo, però, come s’è detto, Mozart fa perfettamente e completamente il proprio dovere, pregustando già gli abissi infernali di Don Giovanni e raffigurando i picchi d’affetto della misera Elvira.

Momento magistrale quello in cui la signora smette con le sue pseudo-maledizioni assortite e ripensa un secondo a se stessa, all’amore tutt’altro che sopito. L’orchestra prende ancor più vita di prima nei gemiti trattenuti (1:53), che introducono l’aria inopinatamente allegra e totalmente priva dei contrasti appena ammirati – e questo nonostante un secondo tema e qualche altra frase in minore.

giovedì 9 dicembre 2010

30 - Da un terzetto all’altro

Dal Terzetto “Das Bandel” passiamo ora al terzetto di numeri che Mozart inserì nella versione viennese del Don Giovanni. Altalenanti le loro fortune: pur non bastando a conseguire il successo in occasione della loro prima nella capitale austriaca, due son divenuti ospiti più o meno stabili dell’opera, mentre il terzo ne è rimasto regolarmente fuori ed è stato registrato giusto in qualche edizione discografica per amor di completezza.

L’Aria “Dalla sua pace” (KV 540a) è certamente il più famoso dei tre brani, cavallo di battaglia dei tenori e perfetta rappresentazione di un carattere debole da sempre, un Don Ottavio che più Don Ottavio non si può. Giustamente Paumgartner osservò che il pezzo “non è utilmente inseribile in nessuna parte dell’opera”: di fatto arresta l’azione.

Rarità da collezionisti, invece, il Duetto “Per queste tue manine” (KV 540b) che vede in scena Zerlina e Leporello. Avrebbe dovuto seguire la tirata “Ah pietà, signori miei”, come dimostra il video seguente (o sostituirla, un’idea che si potrebbe sempre riprendere in considerazione). I pochi giudizi in merito oscillano dal “delizioso” all’“insignificante”; certo è che Mozart ha fatto di meglio:

mercoledì 8 dicembre 2010

29 - Pausa caffè

Tra un’aria e l’altra si può ben fare un time out con uno spiritoso terzetto domestico, “Das Bandel” (KV 441). Tema d’una semplicità clamorosa, abilmente riutilizzato nel corso della composizione:



Di carattere simile, ma più lirico (!), o meglio più operistico, il Quartetto “Caro mio Druck und Schluck” (KV 571a), dal bislacchissimo testo mezzo in tedesco e mezzo in italiano che scimmiotta i luoghi comuni dei libretti:



(Da 00:16 in poi)

martedì 7 dicembre 2010

28 - Arie invitate alle Nozze

Molto meno esaltanti, ma comunque degne di nota, le due arie per la ripresa viennese delle Nozze, la KV 579 “Un moto di gioia” e la KV 577 “Al desio di chi t’adora”. Nel primo caso siamo nuovamente a metà tra lied e aria, tant’è vero che Mozart ne scrisse pure una versione per canto e pianoforte, ma è il ritmo grazioso ad attirare l’attenzione più di tutto il resto. Qui abbiamo uno dei rari casi di valzer nell’opera di Mozart, una cosa semplice semplice che sostituì temporaneamente l’aria “Venite, inginocchiatevi”. La Bartoli fa il pieno con entrambe le versioni:







(Ma è il canto a deformarle la faccia in quel modo? J)

Quasi ordinaria amministrazione, invece, “Al desio di chi t’adora”, brano sostitutivo della ben più significativa “Deh, vieni non tardar”. Nel complesso, si capisce facilmente perché le due arie non abbiano prevalso nell’uso rispetto a quelle previste originariamente:


lunedì 6 dicembre 2010

27 - L’amato bene diventa poesia

L’altra aria sostituitiva per Idomeneo non è, a differenza della precedente, un pezzo qualsiasi della collezione mozartiana: è intanto uno dei pochi testi ad essere stato musicato due volte dal compositore, malgrado il librettista fosse il mediocre Varesco, ed è l'unico caso di composizione per voce, piano e orchestra del nostro scrigno, bis della già splendida aria “L’amerò, sarò costante”.

Il KV 490, vale a dire il Recitativo e aria “Non più, tutto ascoltai” (prima “Ch’io mi scordi di te?”)… “Non temer, amato bene”, andò in un primo tempo a rimpiazzare quell’Allegro da concerto che è l’aria di Arbace “Se il tuo duol, se il mio desio”.

Per l’esecuzione a Palazzo Auersperg Mozart modificò “trasformò la parte di soprano (castrato) di Idamante in un ruolo di tenore” (Erik Smith), ma stranamente il KV 490 è scritto per soprano.
Accogliamo comunque con gioia l’anomalia, perché la voce femminile qui ci sta magnificamente. Sia il recitativo che l’aria fan la gioia del mozartista appassionato:



Se ci avete fatto bene attenzione, il recitativo viene cantato dalla stessa persona nonostante consista in realtà in un dialogo fra Ilia e Idamante.
Certo men riuscita del KV 490 è la sua replica per canto, piano e orchestra (KV 505), dove la linea melodica subisce alcuni cambiamenti che non si posson però prendere per migliorie. Scritta per Nancy Storace, è la puntuale dichiarazione in musica del Don Giovanni compositore. Prima entra l’orchestra, poi il soprano, infine il pianoforte, all’inizio dell’aria:

26 - Arie di ricambio

Dal duetto del Flauto Magico (vedi http://dailymozart.blogspot.com/2010/12/23-il-duetto-ritrovato-duet-discovered.html), probabilmente rinnegato da Mozart, passiamo ad altre arie che non fanno parte a pieno titolo delle opere mozartiane, dall’Idomeneo fino al Così Fan Tutte.

Alcuni di questi pezzi sono splendidi (come l’aria per basso “Rivolgete a lui lo sguardo” KV 584, che probabilmente e meritevolmente viene eseguita spesso al posto della men bella “Non siate ritrosi”) e solo per eccessiva lunghezza hanno trovato posto solo in panchina. Le prime tra queste “riserve” riguardano l’Idomeneo e sono parecchie, come ben sa chi conosce la gestazione complicatissima di questo capolavoro, che Mozart, dopo numerosi ripensamenti, quasi privò del III atto dopo averci lavorato come un disperato.

Senza stare a discutere quei brani che ufficialmente rientrano nel “piano dell’opera”, pur essendo spesso tagliati durante l’esecuzione (solo un esempio illustre: l’aria “Torna la pace al core”), mi occuperò di quei due che hanno ricevuto anche il numero di catalogo dal Köchel e sono noti grazie alla Complete Mozart Edition della Philips.

Il KV 489, ossia il duetto “Spiegarti non poss’io”, esclusa dall’opera a favore dell’omologo “S’io non moro a questi accenti” (che inizialmente sostituiva), è oggi quasi dimenticata. In realtà l’incipit dei due numeri è identico:




“Spiegarti non poss’io” è tuttavia più lineare di “S’io non moro a questi accenti”; contiene anche meno modulazioni, mantenendosi su un tono più melodico e preoccupandosi assai poco del rapporto fra musica e testo. Ne esce un pezzo tutt’altro che malvagio, per quanto il duetto che lo sostituisce suoni un po’ più ispirato e coerente nell’ambito dell’opera.

sabato 4 dicembre 2010

25 - Mozart vs Mozart vs Mozart: 3 generazioni di compositori

Il 5 dicembre 1791 muore Wolfgang Mozart. Lascia la terra l’uomo, non certo il compositore né la sua musica, e a dire il vero neppure il nome: il figlio Franz Xaver Wolfgang comporrà anche lui, pur non toccando i vertici dell’inarrivabile genitore.

Tutto forse cominciò in un lontano giorno del 1761, quando Leopold sottopose a Wolfgangerl e a Nannerl un pezzo intitolato “Angloise” (o Anglaise):



Si tratta di un “motivetto grazioso” che in questa versione sembra un brano di Telemann:


Il resto è storia conosciuta. Iniziato ai segreti dell’arte grazie alle lezioni paterne, Wolfgang cominciò a scrivere un paio di minuetti e poi si permise qualche colpo di genio prima di concludere la carriera con un concerto e una cantata gioiosi come la sua musica. Ma è proprio tutto finito?

Non precisamente. Ogni tanto spunta fuori qualcosa di Mozart anche ai giorni nostri, nonostante il catalogo delle sue composizioni sia già cospicuo:


Per finire, sentiamo un delizioso rondo di Franz Xaver, finale in versione per pianoforte solo del suo 2° concerto in mi bemolle:



Lunga vita a Mozart!

venerdì 3 dicembre 2010

24 - Ratto vs Flauto Magico: quando il sublime ringiovanisce (Abduction vs Magic Flute: when the sublime rejuvenates)

Confrontando i due singspiel composti da Mozart (c’è anche Zaide, anteriore a entrambi, che ha la stessa trama del Ratto) si scopre che l’elemento popolare esaltato nel primo, nel Flauto è limitato ai personaggi di Papageno e di Papagena, che di fatto ha occasione di brillare solo in un duetto.



(Il duetto comincia a 5:23)

Se l’intreccio delle due opere è simile a grandi linee, i caratteri sono distanti: Sarastro (per quanto riguarda il ruolo) può essere un parente lontano del Pascià Selim, ma a differenza di questo ha una voce; Monostato è la pallida riedizione del magnifico Osmino, ma Pamina è un’evoluzione – per quanto ben più giovane – di Konstanze, che ancora si adagiava sulle smanie virtuosistiche di un’aria come “Martner aller Arten” (“L’ho sacrificata alla facile ugola della Cavalieri” scrisse Mozart al padre). Papageno è più incisivo di Pedrillo, Tamino e Belmonte si equivarrebbero se il primo non avesse diritto a melodie migliori.








Nel Flauto l’elemento sublime è appannaggio di Tamino, ma soprattutto di Pamina, alla quale Mozart dona l’aria più dolente e concisa della sua vita operistica. Non c’è una ripetizione che è una:

giovedì 2 dicembre 2010

23 - Il duetto ritrovato (A duet discovered)


Duet (Duetto)
Tamino & Papageno

T: Pamina, wo bist du? (Pamina, dove sei?)
P: Ach Weibchen, wo bist du? (Ah, fanciulla, dove sei?)
Getr
ennt von dir zu sein, (Esser da te lontano)
ist mir die größte Pein. (è per me il maggior dolore.)
T: Schatz meinem Herzen, (Tesoro del mio cuore,)
P: Ach Weibchen, wo bist du? (Ah, fanciulla dove sei?)
T: Pamina!
P: Ach Weibchen, (Ah fanciulla,)
T: Pamina!
P: Wo bist du? (Dove sei?)
T: Pamina!
Getrennt von dir zu sein, (Esser da te lontano)
ist mir die größte Pein. (è per me il maggior dolore.)
T: Pamina,
P: Ach Weibchen, wo bist du?
T: Pamina, wo bist du?
P: Ach Weibchen,
T: Pamina,
P: Wo bist du?
T: Wo bist du?
T:
Nur sehen will ich dich, (Voglio solo vederti)
Und fragen liebst du mich, (e chiederti se m’ami)
Nur sehen und fragen liebst du mich.
(Solo vederti e chiederti se m’ami)
Dann tret’ ich kühn (Poi affronterò ardito)
Die Bahn zum neuen Leben an. (la strada alla nuova vita).
T: Nun zur Pamina (Ora in cerca di Pamina)
P: Und Papagena (E di Papagena)
Stille, stille… (Andiamo, zitti, zitti…).

Qualche settimana fa la filoduffusione ha trasmesso un duetto del Flauto Magico che non sembra appartenere all’opera. Scavando un pochetto in rete si viene a sapere che l’autenticità del brano è dubbia e che sono disponibili almeno due incisioni. Una, diretta da Sawallisch, è quella che la fd aveva mandato in onda ed è rintracciabile su http://vondervotteimittiss.com/papageno/?p=74, l’altra è di Mackerras:


Qualche altra notizia su questo  duetto e, di seguito, la relativa traduzione: http://vondervotteimittiss.com/papageno/wp-content/uploads/2009/07/seite183.png

"Appendice II

Il duetto di Tamino e Papageno riprodotto qui di seguito è stato ritrovato da Georg Richard Kruse in una partitura autografa del Flauto Magico proveniente dall’archivio del Theater an der Wien. Sull’autenticità del pezzo Hermann Deiters si dice scettico per ragioni drammatiche e stilistiche. “Finora la sua autenticità non è stata confermata… né mi sembra che il brano s’inserisca bene nel tessuto drammatico (Genée). Anche sotto l’aspetto musicale resta decisamente al di sotto degli altri pezzi del Flauto Magico” (Otto Jahn, W.A. Mozart, 4° ediz., Vol. 2, pag. 641). – Hermann Abert riconoscerebbe la mano mozartiana nel duetto, ma conclude affermando che “Mozart fece bene a sopprimere questa zeppa, dal momento che non è all’altezza né dal punto di vista drammatico né da quello musicale” (Mozart, Otto Jahn, 5° ediz., II parte, pag. 792).
Per il curatore non c’è ragione di ritenere il pezzo autentico.

Duetto non incluso nella partitura
Ritrovato e in possesso di Georg Richard Kruse
(Inserito tra il duetto dei sacerdoti e il quintetto del II atto)"

Può darsi che Mozart abbia effettivamente scritto il duetto e poi l’abbia espunto trovandolo poco significativo. Buona comunque l’occasione per scoprire questo bel blog sul Flauto Magico da cui era tratto il pezzo: http://vondervotteimittiss.com/papageno/

mercoledì 1 dicembre 2010

22 - Dal lied all’aria (From songs to arias)

Avendo accennato alla sfortunata passione per Aloysia Weber e messo in fila un po’ di lieder mozartiani, m’è passato per la testa di accostare i tanti passaggi tipicamente operistici sparsi nelle composizioni di Mozart per canto e piano a quella scena appositamente scritta per l’amata, il Popoli di Tessaglia (KV 316), che il compositore descrisse in una lettera per lei.

La scena in esame ha un apparato monumentale, un’orchestrazione e una scrittura che anticipano vagamente quelle dell’aria “Martern aller Arten” (abbiamo come in questa dialoghi tra la voce e gli strumenti a fiato, oltre a un virtuosismo spinto all’estremo). Preceduta da un ampio recitativo in do minore che comincia per l’appunto con le parole “Popoli di Tessaglia”, l’aria propriamente detta si chiama “Io non chiedo, eterni Dei” ed è in do maggiore; tutta la faccenda era tratta dall’Alceste.



Hildesheimer afferma che "è un pezzo di bravura per soprano drammatico di coloratura, e proprio il suo pathos e il suo sfarzo enfatico ci lasciano oggi stranamente freddi (...) È strano - o forse è indicativo - che la musica di questa grande scena scritta per una donna amata si presenti completamente priva di sensualità. Racchiude in sé il gesto grandioso e solenne dell'opera seria e mai una benché minima traccia di eros." E aggiunge che da qui a Cherubino ci corre ancora una bella distanza.
  

Ma qui (nella lettera ad Aloysia e nella scena in questione) Mozart è men che mai Cherubino, tanto meno Don Giovanni; la scena "completamente priva di sensualità" ben rappresenta invece l'amore idealizzato al massimo, il sogno che si sostituisce interamente al vero, e la stessa lettera lo conferma. Sempre nella lettera troviamo ben poche "tracce di eros", piuttosto un'adorazione incondizionata e sconfinata. "Pathos e sfarzo enfatico" si possono benissimo adattare a questo sentimento.

Se volessimo far confronti con l'Idomeneo, che non è tanto al di là da venire, forse quello che Hildesheimer si aspettava dal "Popoli di Tessaglia" era l'equivalente di un'aria di Ilia, ma il personaggio e il testo della scena non possono ricordare Ilia, se non considerando "Padre, germani addio" con l'annesso recitativo accompagnato che lo precede. E a quel punto anche Ilia è un personaggio eroico, non sensuale, il suo carattere non è ancora pienamente spiegato prima dell'aria "Se il padre perdei".

21 – Tempi antichi e nuovi (Ancient and new times)

Dal KV 517 “Die Alte” al KV 519 “Trennungslied”, passando per la neutralità cronologica del KV 518 (quasi una progressione matematica di note), Mozart attraversa nuovamente intere epoche, un po’ per amor di satira e un po’ per chiaroveggenza.

In “Die Alte”, per l’appunto “La vecchia”, c’è chi ha voluto vedere una sferzante parodia delle maniere di Leopold (ma se il testo originale era “Der Alte”, il vecchio, Mozart avrà proprio voluto evitare che saltasse fuori un sospetto del genere), persino nel modo di comporre e di condurre l’armonia, che difatti ricorda magistralmente il basso continuo dei tempi andati, senza contare l’indicazione dello spartito che raccomanda di cantare il lied con voce nasale. Per esempio:



Altrettanto riuscito, ma di tutt’altra natura è il Trennungslied (canto della separazione), in cui è messo in note il dramma eternamente attuale di due innamorati che si lasciano. La qualità del testo potrà ricordare le melensaggini delle canzonette piene di rime del tipo “me/te”, o le frasi fatte del caso (“Non posso vivere senza di te”, regolarmente presente nelle diciotto strofe della canzone), ma con Mozart è davvero il caso di dire che la musica cambia.

Il dolente fa minore dell’opera ci porta in regioni ignote al lied di quel tempo: tanto generiche e comuni le parole dell’ordinario poeta, quanto più efficace la resa sonora dell’opera. Forse Mozart tornò con la mente a quel Natale in cui Aloysia lo mollò nel più turpe dei modi, per quanto ci sia anche di peggio (basti pensare a come lo disprezzò Konstanze, vivo o morto che fosse):






Come l’Abendempfindung ascoltato in precedenza, anche in questo lied si nota con piacere che a una struttura testuale strofica non fa riscontro una musica ripetuta ad ogni cambiar di stanza: c’è anche un episodio in maggiore che introduce un salutare elemento di contrasto e permette di apprezzare la melodia sotto un’altra luce. Bella lì.