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martedì 23 ottobre 2012

260 - Arancia meccanica

Un Mozart ruvido: è questo che volevate? Ed eccolo, ben rappresentato dal suono tagliente degli archi in uno dei sui primi Quartetti (è il KV 159, scritto a Milano e poco noto). Dopo un primo tempo Andante all'acqua di rose Mozart scatena la sorpresa con un Allegro in sol minore appassionato ma anche scontroso e violento, all'Arancia meccanica insomma.


Più desolato e fine (per la presenza luminosa dei fiati, ndr), ma sempre piuttosto brusco è anche l'ultimo tempo del concerto per pianoforte in do minore KV 491: ci troviamo nella piena stagione dei capolavori, stavolta, con accenni di pessimismo a oltranza in alcune delle opere più tragiche (vedasi anche la Sonata KV 457 e relativa Fantasia KV 475 in omaggio per maggiori informazioni).



Ah. già, la fantasia KV 475. Non ne avevamo mai parlato, lo facciamo adesso. Forse è l'opera più orientata al secolo successivo che Mozart abbia composto, pur se ispirata alle analoghe composizie di C.P.E. Bach, maestro indiscusso del genere. Potrebbe essere tranquillamente un brano romantico e invece è tutto rigorosamente classico, come tutto il resto della produzione mozartiana. 

Si parte col preludione imbronciato e misterioso, nel do minore dei poeti incompresi. Circospettissimo, con un basso albertino da ufficio inchieste poi rimpiazzato dalle note ribattute per creare maggiore tensione, questo inizio molto esteso accompagna l'interprete e l'ascoltatore fino alle soglie di una delicata canzone per piano e basta (03:35, Gould ce la fa aspettare con una suspence che sfiora il racconto alla Hitchcock).


Anche la canzone in si bemolle si aggira inquieta per la tastiera per il tempo necessario, con il basso albertino onniopresente, in vena di stalking, e poi si sbriciola a 06:17 in una pioggia di tremoli. Tutta la Fantasia alterna (spesso ciclicamente, visto che alcuni episodi si ripetono) episodi virtuosistici ad altri molto più settecenteschi, dissonanze estenuate a melodie limpide, fino alla triplice scala finale (14:51) che rivernicia imperiosamente il do minore d'impianto.

domenica 21 ottobre 2012

259 - Concertati: il percorso mozartiano (20)

Dopo il quartetto "Non ti fidar, o misera", il concertato successivo è l'intero Finale del I atto, sviluppato a partire dallo pseudo-duetto Zerlina-Masetto ("Presto presto, pria ch'ei venga"), quasi subito ampliato in terzetto con l'arrivo del coro e poi di Don Giovanni. Una musica tenera e sensuale (2:21) accompagna lo scambio di battute tra Zerlina e quest'ultimo. L'idillio viene incrinato, come sottolineano i passaggi in minore, dalla sorpresa che coglie il protagonista quando si trova davanti Masetto.

Poi, dopo un nuovo intervento del coro di servi, la scena si sposta su Don Ottavio, Donna Elvira e Donna Anna (4:30):


Tutti e tre mascherati, cercheranno di fare una seconda sorpresa (un po' più pericolosa della prima) a Don Giovanni. Questa sezione è divisa in tre fasi: la prima agitata, la seconda danzante (si sente il minuetto suonato dall'orchestrina del protagonista, che interviene con Leporello per invitare le tre maschere), la terza (6:33) molto lirica col celebre terzettino "Protegga il giusto cielo" sorretto dai soli fiati.

Tutti gli episodi del I finale sono nettamente definiti e separati l'un dall'altro, specialmente sotto il profilo melodico, quasi si trattasse di duetti e di concertati staccati anziché di una sequenza fluida e continua di avvenimenti.  

Dopo la pausa riflessiva dei tre personaggi in incognito, si parte in campo lungo con la festa sotto i riflettori e quella che potremmo chiamare una tarantella di benvenuto (8:28). Ora tutti sono in scena, compresi i suonatori che, di lì a poco, eseguiranno tre danze, di melodia e di ritmo diversi nello stesso momento.

sabato 20 ottobre 2012

258 - Recitativi accompagnati (6)

Non ci si aspetterebbe mai che, in un'opera buffa frizzante e disimpegnata come La finta giardiniera (in realtà uno dei primi capolavori operistici mozartiani) figurino due recitativi accompagnati, il secondo dei quali è una sorta di dramma nel dramma.

Vediamo però con ordine questa breve sequenza. Il Contino, uno degli svariati personaggi della Finta, ha in sorte un lungo recitativo variamente strumentato di circa 3 minuti ("Ah non partir", seguito dall'aria "Già divento freddo"). Come spesso avviene in questi casi, è la prima sezione della scena ad attirare maggiormente l'interesse (l'aria si muove lungo sentieri consueti, adottando il convenzionale lessico buffo). 


Nel recitativo accompagnato, invece, Mozart fa sfoggio di melodie più accattivanti e aromatizzate. Altrettanto si può dire del secondo della serie, "Dove mai son! Tu mi lasci?". Raffinatissimo, poi, il duetto della riconciliazione che lo segue a 3:01, preludio al coro finale.


Nonostante l'età assai giovane del compositore, le sfumature psicologiche sono ormai una materia dominata e resa con semplice maestria, anche se in queste opere i caratteri sono ancora appena accennati. Ben presto, quando verrà alle prese con libretti meglio costruiti, Mozart dimostrerà cos'è capace di fare in modo anche più evidente di questo.

mercoledì 17 ottobre 2012

257 - Addio al piano

Doveva essere la prima di una serie di sei sonate e invece è stata l'ultima di Mozart. Parliamo della KV 576, una Sonata "per principianti" in re maggiore talmente semplice da far fumare i tasti. Gli abbozzi di altri allegri, rondò e tempi simili per tastiera sola che accompagnano quel travagliato periodo e forse erano i cartoni preparatori delle altre sonate (poi mai composte) testimoniano che Mozart si mise d'impegno per soddisfare la nuova commissione, ma evidentemente incontrò difficoltà maggiori del previsto.


Nel primo tempo Mozart costruisce un bell'edificio contrappuntistico partendo dal consueto temino accordale, in apparenza innocuo. D'altronde il suo ultimo stile è una summa di semplicità e contrappunto, di cantabilità e sapienza compositiva. Una fusione che sarebbe riuscita più avanti anche a Haydn nei finali delle Londinesi.


Nello sviluppo del I tempo il tema viene stravolto e passato al vaglio di tonalità ben lontane da quella principale, con la mano sinistra serratamente impegnata a colmare i vuoti della sua parte riprendendo gli spunti della destra, come in un canone. Tutto diverso, però, il clima dell'Adagio. Tempo colmo di rimpianti e di soluzioni armoniche inconsuete in Mozart, si abbandona totalmente alla sua melodia e instaura, con un tappeto di note ribattute, una tensione dolorosa nella seconda parte:


Il virtuosismo del III movimento riporta la sonata sui binari del I. Le fulminee terzine di semicrome irridono alla dicitura "sonata facile", che Mozart aveva annunciato in una drammatica lettera a Puchberg, i passaggi in tonalità strapiene di diesis svelano una strada che forse, nel secolo entrante, l'autore avrebbe seguito. C'è chi ha parlato di musica già schubertiana: senza spingerci troppo in là (tutto è classico, anche in questo rondò quanto mai atipico per Mozart), diremo che l'effetto di accelerazione impresso a tutto il movimento, specie quando la sinistra interviene con un accompagnamento di velocità folle, è certamente una novità nella scrittura tastieristica dell'epoca: