Doveva essere la prima di una serie di sei sonate e invece è stata l'ultima di Mozart. Parliamo della KV 576, una Sonata "per principianti" in re maggiore talmente semplice da far fumare i tasti. Gli abbozzi di altri allegri, rondò e tempi simili per tastiera sola che accompagnano quel travagliato periodo e forse erano i cartoni preparatori delle altre sonate (poi mai composte) testimoniano che Mozart si mise d'impegno per soddisfare la nuova commissione, ma evidentemente incontrò difficoltà maggiori del previsto.
Nel primo tempo Mozart costruisce un bell'edificio contrappuntistico partendo dal consueto temino accordale, in apparenza innocuo. D'altronde il suo ultimo stile è una summa di semplicità e contrappunto, di cantabilità e sapienza compositiva. Una fusione che sarebbe riuscita più avanti anche a Haydn nei finali delle Londinesi.
Nello sviluppo del I tempo il tema viene stravolto e passato al vaglio di tonalità ben lontane da quella principale, con la mano sinistra serratamente impegnata a colmare i vuoti della sua parte riprendendo gli spunti della destra, come in un canone. Tutto diverso, però, il clima dell'Adagio. Tempo colmo di rimpianti e di soluzioni armoniche inconsuete in Mozart, si abbandona totalmente alla sua melodia e instaura, con un tappeto di note ribattute, una tensione dolorosa nella seconda parte:
Il virtuosismo del III movimento riporta la sonata sui binari del I. Le fulminee terzine di semicrome irridono alla dicitura "sonata facile", che Mozart aveva annunciato in una drammatica lettera a Puchberg, i passaggi in tonalità strapiene di diesis svelano una strada che forse, nel secolo entrante, l'autore avrebbe seguito. C'è chi ha parlato di musica già schubertiana: senza spingerci troppo in là (tutto è classico, anche in questo rondò quanto mai atipico per Mozart), diremo che l'effetto di accelerazione impresso a tutto il movimento, specie quando la sinistra interviene con un accompagnamento di velocità folle, è certamente una novità nella scrittura tastieristica dell'epoca:
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