Un confronto con il presente
Negli ultimi trent’anni del XVIII secolo nascono alcune tra le più grandi sonate per pianoforte. Tonalità prevalentemente classiche si alternano (do, fa, mi bemolle o si bemolle maggiore, ecc.), prima che il Romanticismo porti in auge le chiavi coi diesis, il mi maggiore spingendo verso un’uguaglianza in questo senso.
Non tutto il Classicismo suona tuttavia Classico: il movimento detto Sturm und Drang denota le avvisaglie d’un avvenire oscuro, l’Empfindsamkeit (Sensibilità) reca accenti insospettabilmente moderni che scavalcano anche il secolo successivo, il Preromanticismo intesse trame sconosciute all’ottimismo e alla tranquillità imperanti.
Senza voler indicare i compositori che ascolterete in questo post come Preromantici o alfieri dell’Empfindsamkeit (lo sarà invece CPE Bach, per il quale rimandiamo alla Fantasia in http://dailymozart.blogspot.com/2010/11/9-altro-bach.html), è curioso il fatto che tutti abbiano composto una Sonata in do minore di carattere simile (Allegro “disperato”, adagio consolatorio e meditativo, rondò sulla stessa lunghezza d’onda del primo tempo).
Ecco, per esempio, cosa scriveva Haydn nel 1771:
J. Haydn – Sonata in do min. Hob. XVI:20 (1771)
Uno dei figli più bravi di J.S. Bach, Johann Christian, gli fa eco otto anni dopo in uno stile non certo galante come suo solito:
J. C. Bach – Sonata in do min. op. 17 n. 2 (1779)
E Mozart? Mozart doveva essersi evidentemente innamorato della dedicataria, Therese von Trattner, se scelse il do minore per scriverle questo:
Mozart – Sonata in do min. KV 457 (1784)
Notate la splendida conclusione in pianissimo laddove avremmo immaginato di ascoltare una salva di accordi fragorosi e risoluti.
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