Senza andare a spulciare nel tragico si possono trovare delle composizioni mozartiane che, pur improntate a una serena allegrezza di fondo, contengono un brano fosco o terribilmente serio che contrasta visibilmente col resto. Un paio di esempi li vedremo oggi con due numeri di catalogo di natura totalmente differente (una Serenata nel primo caso, un Concerto per piano nel secondo), e con scopi altrettanto distanti.
La Serenata Posthorn KV 320 in re, composizione sontuosa con un briciolo di “nostalgia futura” (Mozart brama di vivere a Vienna, con tutte le sue forze), parte con un movimento di gioia sfrenata introdotto da un Adagio (manco a dirlo) maestoso. Nel quarto tempo, però, dopo che la festa è andata avanti senza intoppi, irrompe un tenebroso Andantino in re minore di dolorosa eloquenza:
Pur turbando non poco l’auditorio, questo movimento è seguito da brani di carattere opposto che riporteranno il sereno.
Ancor più riuscito e affascinante è il Concerto per pianoforte KV 453 in sol maggiore, opera oltretutto originale perché, anziché presentarsi all’ascoltatore con gli abituali accordi di tonica, comincia con un tema cantabile e si snoda placidamente, tenendosi cautamente lontano dai trionfalismi, ma è soprattutto nell’Andante (unico per quel continuo cangiarsi di atmosfere) che Mozart esce del tutto fuori dal suo tempo.
Nessuno riuscirà a tenergli dietro in quest’avventura al di fuori dai sentieri battuti, neppure i compositori che verranno dopo di lui:
Segue lo stesso tempo in versione pianistica:
Favolosa l’orchestrazione con le sue finissime tinte timbriche, gli scambi delle frasi musicali tra i fiati, l’improvviso schiudersi delle melodie malinconiche o speranzose.
Nessun commento:
Posta un commento