Come nel Flauto Magico, sublimità e semplicità si alternano e si fondono, affidate ai personaggi dell’opera: Konstanze e Belmonte per la prima, Blonde, Osmino e Pedrillo per la seconda. Nell’altro Singspiel, tuttavia, sarà il sublime a prendere il sopravvento, mentre nel Ratto l’equilibrio è totale: lo straordinario caratteraccio di Osmino riporta sulla terra l’eroica vena sacrificale della nobile coppia, mentre Blonde e Pedrillo sono in tutto e per tutto due persone normali.
Le virate verso il popolare sono dovute in primo luogo ad Osmino (ce ne accorgiamo ogni volta che canta, sia da solo che all’interno dei concertati, per non parlare della sua anticonvenzionale e (in)felicissima uscita di scena), alle numerose melodie cantabili e alle spettacolari turcherie di cui l’opera pullula fin dalla spumeggiante ouverture. Anche in quest’ultima, tuttavia, l’equilibrio di cui s’era detto si mantiene grazie all’irrompere della prima aria di Belmonte.
Non stupisce, dunque, che quest’opera sia diventato il modello dell’opera tedesca e abbia ottenuto il successo che meritava già quando Mozart era in vita. L’affetto immediato del pubblico teutonico per questo capolavoro è comparabile a quello che il pubblico italiano avrebbe nutrito svariati decenni più tardi per le opere di Verdi.
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