Confrontando i due singspiel composti da Mozart (c’è anche Zaide, anteriore a entrambi, che ha la stessa trama del Ratto) si scopre che l’elemento popolare esaltato nel primo, nel Flauto è limitato ai personaggi di Papageno e di Papagena, che di fatto ha occasione di brillare solo in un duetto.
(Il duetto comincia a 5:23)
Se l’intreccio delle due opere è simile a grandi linee, i caratteri sono distanti: Sarastro (per quanto riguarda il ruolo) può essere un parente lontano del Pascià Selim, ma a differenza di questo ha una voce; Monostato è la pallida riedizione del magnifico Osmino, ma Pamina è un’evoluzione – per quanto ben più giovane – di Konstanze, che ancora si adagiava sulle smanie virtuosistiche di un’aria come “Martner aller Arten” (“L’ho sacrificata alla facile ugola della Cavalieri” scrisse Mozart al padre). Papageno è più incisivo di Pedrillo, Tamino e Belmonte si equivarrebbero se il primo non avesse diritto a melodie migliori.
Nel Flauto l’elemento sublime è appannaggio di Tamino, ma soprattutto di Pamina, alla quale Mozart dona l’aria più dolente e concisa della sua vita operistica. Non c’è una ripetizione che è una:
Nessun commento:
Posta un commento