Il finale del 1° concerto ricorda molto, nella struttura, il movimento iniziale: esposizione brevissima, temi quanto mai semplici e cantabili.
Questo brano proviene da una sonata di Honauer, autore oggi pressoché ignoto e dai modi musicalmente piuttosto spicci e rozzi, come assicura il Della Croce. Ciò non toglie che il fraseggio sia comunque spigliato e gradevole; Mozart lo asseconda con interventi orchestrali discreti.
Il Mozart del Così fan tutte mostra, oltre a un'orchestrazione tra le più fini e particolareggiate, un approfondimento dell'animo umano quasi miracoloso, per i tempi in cui fu scritta l'opera. Verrebbe da definirlo shakespeariano, se il soggetto non fosse così leggero più ancor che frivolo.
Il povero Ferrando, appena tradito dalla promessa sposa in seguito a uno scambio di coppia (!), non riesce a reprimere l'amore nonostante la furia che lo invade. I passaggi dei clarinetti e dei fiati in generale sottolineano, con sovrana crudezza, il "fiero contrasto" che agita l'amante deluso.
Non può passare inosservata la trama del Così fan tutte, opera popolata da scambisti efferati che scommettono sulla fedeltà delle loro innamorate. Dal quasi ributtante Don Alfonso a quelli che, in fin dei conti, son suoi complici (Ferrando e Guglielmo), passando per la serva Despina, tutto cospira a rendere infedele non solo il complesso dei personaggi coinvolti della vicenda, ma tutto il mondo:
Trionfo del monotematismo, il Concerto per clarinetto KV 622 ci mostra un Mozart tutt'altro che funereo nonostante la fine ormai prossima (e probabilmente del tutto imprevista). Dopo l'Allegro iniziale, dove un solo soggetto dà vita a innumerevoli ramificazioni melodiche creando l'impressione che siano in gioco più temi, e dopo il celeberrimo Adagio, il Rondò conclusivo, l'ultimo di Mozart, sembra ripercorrere il procedimento del I tempo:
L'inventiva melodica è del pari altissima, senza pause, quasi ogni frase si generasse spontaneamente da quella che la precede. Non c'è più la struttura ritornello-strofa-ritornello-strofa ecc., ma un vero e proprio svolgimento del tema, ogni volta modificato con alcune frasi che tornano, un po' come avveniva nel Rondò per glassharmonica.
Con questa strategia che punta a ricavare tutta la sostanza da un singolo pensiero musicale Mozart chiude una vita e una carriera. Curioso è il fatto che questo punto di contatto con Haydn conduca a risultati totalmente diversi rispetto a quelli del collega, non tanto e non solo sotto l'aspetto qualitativo, ma per l'atmosfera che domina questa musica, spensierata e concentratissima a un tempo.
Questa delicata serie di danze, scritta in un'epoca in cui Mozart era ormai in grado si creare capolavori indipendentemente dal genere affrontato, ci porta in una grande sala viennese, quasi anticipando i grandi valzer straussiani.
Forti ma dolci (come vuole un'indicazione dello stesso Mozart nell'ultima sua sonata per piano), questi brani sono intrisi di nostalgia, a cominciare dal primo, costruito sul semplicissimo accordo di do maggiore, e soprattutto se si ascoltano con attenzione i Trii, ovvero la seconda parte di ciascuna danza.
Il volteggiare incantatorio dell'orchestra lascia all'ascoltatore tutto l'agio di godersi l'incanto melodico e timbrico di queste creazioni che, pur su scala minuta, mostrano la stessa maestria dei coevi capolavori. Mozart si avvierà a scrivere un numero sempre maggiore di danze man mano che la sua vita si avvicinerà alla fine.