Trionfo del monotematismo, il Concerto per clarinetto KV 622 ci mostra un Mozart tutt'altro che funereo nonostante la fine ormai prossima (e probabilmente del tutto imprevista). Dopo l'Allegro iniziale, dove un solo soggetto dà vita a innumerevoli ramificazioni melodiche creando l'impressione che siano in gioco più temi, e dopo il celeberrimo Adagio, il Rondò conclusivo, l'ultimo di Mozart, sembra ripercorrere il procedimento del I tempo:
L'inventiva melodica è del pari altissima, senza pause, quasi ogni frase si generasse spontaneamente da quella che la precede. Non c'è più la struttura ritornello-strofa-ritornello-strofa ecc., ma un vero e proprio svolgimento del tema, ogni volta modificato con alcune frasi che tornano, un po' come avveniva nel Rondò per glassharmonica.
Con questa strategia che punta a ricavare tutta la sostanza da un singolo pensiero musicale Mozart chiude una vita e una carriera. Curioso è il fatto che questo punto di contatto con Haydn conduca a risultati totalmente diversi rispetto a quelli del collega, non tanto e non solo sotto l'aspetto qualitativo, ma per l'atmosfera che domina questa musica, spensierata e concentratissima a un tempo.
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