Tutti conoscono il Requiem, molti l'Ave Verum Corpus, parecchi il Kyrie di Monaco. Sembra invece negletto il Sancta Maria KV 273, uno dei primi grandi brani sacri di Mozart.
La brevità di questo Graduale per coro e orchestra ben si sposa con la sua semplicità di temi e di struttura. Il cromatismo del soggetto iniziale, in do maggiore, è sufficiente a creare una tensione positiva e fiduciosa, che dà il tono a tutto il pezzo.
Anche le parti "in ombra" (i brevi passaggi in do minore) vengono rapidamente sopraffatti dall'aura ottimistica dell'opera.
Un compositore come Mozart non poteva lasciare indifferenti gli autori di falsi musicali. Ecco quindi spuntare dal nulla un Ottavo concerto per violino, dopo il discusso KV 268 e il "rifatto" KV 271i che faticano a trovare chi sostenga la loro autenticità.
Trattasi del Concerto KV 294a, oggi ricatalogato in Appendice al Catalogo Koechel come C14.05 insieme ad altre opere quantomeno dubbie e composto in realtà non da Mozart, come molti critici (cascandoci in pieno) avevano creduto, bensì dal violinista Casadesus, che probabilmente non l'avrebbero mai "beccato" se non avesse ammesso lui di aver scritto quest'opera. Lo confessò in tribunale, dove si trovava non per ragioni direttamente attinenti all'autenticità dell'opera, ma perché si erano dimenticati di mettere il suo nome sulla copertina del disco come autore dell'armonizzazione e della trascrizione del concerto (come afferma il Della Croce).
A titolo di curiosità, ecco l'audace imitazione nei suoi tre movimenti:
Secondo i critici, l'ipotesi più probabile è che il Concerto KV 268, dato per autentico dal Kochel, ma poi buttato a mare da quasi tutta la critica, sia statto scritto a quattro mani. Mozart abbozzò i temi e poi li lasciò a un violinista, tale Eck (se poi è stato lui), il quale li avrebbe assai maldestramente completati. Addirittura si pensa che il 2° movimento, ritenuto debolissimo, sia stato composto di sana pianta dall'oscuro destinatario dei temi: una teoria completamente costruita ad hoc sulla qualità di un concerto che ha avuto una sorte anche peggiore del KV 271i, al quale almeno le case discografiche han dedicato una qualche attenzione.
Oggi proviamo a rispolverarlo nell'esecuzione di Uto Ughi. Non sembra una composizione così malvagia:
Se non è stato Mozart a scriverlo, comunque non sarà stato neppure un imbrattaspartiti...
Dal tema di un'opera poco nota può saltar fuori la melodia che incorona un capolavoro. Così da un paio di canoni Beethoven prese gli spunti per l'Allegretto dell'8° Sinfonia o il finale di uno dei suoi ultimi quartetti.
Mozart non fa eccezione, e in uno degli incantati e aforistici notturni da eseguire e cantare con gli amici coglie l'inizio, quasi letterale, del secondo movimento della "cosa più bella che abbia mai scritto", ovvero il Quintetto KV 452 per pianoforte e strumenti a fiato.
Si ascolti il Notturno KV 437 (che comincia a 4:33), "Mi lagnerò tacendo", una delle sue più affascinanti invenzioni melodiche tra le mura domestiche e poi lo si confronti con il Larghetto seguente.
È noto che, pur trattandosi di personaggi maschili, le parti di Idamante e di Sesto nelle rispettive opere serie Idomeneo e la Clemenza di Tito sono affidate a voci femminili, con abbondanza di fioriture virtuosistiche da fare invidia anche a ruoli verdiani.
Il primo Idamante, per disgrazia di Mozart, era di potenzialità tecniche pessime, come aveva dovuto constatare in varie occasioni lo stesso compositore. Eppure le arie che spettarono a Dal Prato sono talmente spettacolari (specialmente la prima) che han fatto venire voglia di sentire come sarebbero venute fuori se le avesse cantate un tenore anziché un soprano. Ed ecco il risultato. Resta da immaginare quanto sarebbe stato entusiasta Mozart (e che arie più esigenti avrebbe scritto) se, invece del disastroso Dal Prato, avesse avuto a disposizione Pavarotti:
Un pochino diverso il caso di Sesto, altro grande ruolo mozartiano, forse il più neoclassico dei suoi personaggi. Curiosamente (ce lo dice il Buscaroli, che per quest'opera va pazzo) Mozart concepì la sua parte "per un tenore eroico, e ne restano le tracce", ma la produzione praghese lo convinse a scriverla per un castrato, sicché Mozart dovette rassegnarsi a "una posterità pigra, rassegnata a sentire questa parte nell'ottava sbagliata, con irrimediabile rovina del suo prestigio, inequivocabilmente virile".
In ogni caso, possiamo accontentarci lo stesso, tanto più che il castrato cui fu assegnata la parte, Domenico Bedini, era assai più bravo di Dal Prato:
Les Petits Riens, KV 299b, ovvero "Indovina quali sono i brani che ha scritto Mozart": dei 20 pezzi (più ouverture), 12 sono di mano mozartiana, gli altri no. Nessuno però si prese la briga di specificare, all'epoca della rappresentazione, gli autori effettivi dei singoli brani.
Uno dei rari balletti di Mozart, les Petits Riens è stato composto a Parigi ed è effettivamente una serie di rapide immagini musicali senza troppe pretese. Discreta l'ouverture; di tanto in tanto si coglie qualche passaggio inconfondibile (per il flauto, al minuto 6):
Nell'ouverture, verso la fine, c'è una frase che tornerà nelle Nozze di Figaro, precisamente alle parole "Sembra fatto inver per te". Una dimostrazione di autenticità?
Per la serie "Un Mozart serissimo", ma anche per continuare la nostra rassegna di Rondò mozartiani, oggi ci imbattiamo nel cupo KV 511, opera stavolta formalmente ineccepibile, ma dal carattere fosco, appena appena rischiarato dai couplet, che nella coda sprofonda in una tristezza assoluta.
Alcuni passaggi di quest'opera sono tra i più originali che Mozart abbia mai scritto (per esempio al 3° minuto, quando la musica si addentra in una sorta di couplet di sviluppo del tema, sviscerandolo in un fiotto di cromatismi). Questo pianismo è scopertamente virtuosistico e quanto mai vicino a quello beethoveniano.
Dopo aver ascoltato i rondò per piano e orchestra, passiamo a un rondò per pianoforte solo che in realtà è un brano in forma sonata. Il KV 485 comincia in effetti con un tema (preso in prestito da J. C. Bach) che può benissimo far parte dell'inizio di un rondò con il suo profilo sorridente, ma nel giro di poche battute ritroviamo questa melodia nella parte della mano sinistra e poi in lotta con altri due temi almeno.
Uno sviluppo in piena regolam, con acrobatiche e divertite modulazioni, conferma la struttura di questo pezzo. Eccone una versione tranquilla (Arrau) e poi una versione più veloce (Horowitz):