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lunedì 29 agosto 2011

86 - Idamante e Sesto: destini (quasi) parallleli

È noto che, pur trattandosi di personaggi maschili, le parti di Idamante e di Sesto nelle rispettive opere serie Idomeneo e la Clemenza di Tito sono affidate a voci femminili, con abbondanza di fioriture virtuosistiche da fare invidia anche a ruoli verdiani.

Il primo Idamante, per disgrazia di Mozart, era di potenzialità tecniche pessime, come aveva dovuto constatare in varie occasioni lo stesso compositore. Eppure le arie che spettarono a Dal Prato sono talmente spettacolari (specialmente la prima) che han fatto venire voglia di sentire come sarebbero venute fuori se le avesse cantate un tenore anziché un soprano. Ed ecco il risultato. Resta da immaginare quanto sarebbe stato entusiasta Mozart (e che arie più esigenti avrebbe scritto) se, invece del disastroso Dal Prato, avesse avuto a disposizione Pavarotti:




Un pochino diverso il caso di Sesto, altro grande ruolo mozartiano, forse il più neoclassico dei suoi personaggi. Curiosamente (ce lo dice il Buscaroli, che per quest'opera va pazzo) Mozart concepì la sua parte "per un tenore eroico, e ne restano le tracce", ma la produzione praghese lo convinse a scriverla per un castrato, sicché Mozart dovette rassegnarsi a "una posterità pigra, rassegnata a sentire questa parte nell'ottava sbagliata, con irrimediabile rovina del suo prestigio, inequivocabilmente virile". 

In ogni caso, possiamo accontentarci lo stesso, tanto più che il castrato cui fu assegnata la parte, Domenico Bedini, era assai più bravo di Dal Prato:



  

4 commenti:

  1. Difatti esistono frammenti dell'abbozzo che Mozart scrisse della parte di Sesto per tenore, pubblicati in appendice nell'edizione NMA dell'opera.
    Vero, nell'Idomeneo Mozart si trovò tra le mani un cast maschile problematico (il vecchio Raaf, Dal Prato, Panzacchi) e leggere la sua corrispondenza si rivela a tratti esilarante, per i coloriti e sempre vari "complimenti" che Mozart rivolge al "mio molto amato castrato Dal Prato".
    Nella Clemenza Mozart deve sottostare alle rigide convenzioni dell'opera seria tradizionale, e il primo uomo è di prammatica.

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  2. Benvenuto :)
    Gli impietosi giudizi mozartiani su Dal Prato ci danno oltretutto un'idea sul livello generale, assai altalenante, dei cantanti all'epoca. Spesso bastava avere un tenore o un baritono raccomandato dal nobile di turno per rovinare l'aria fondamentale di un'opera o modificarne la qualità stessa.

    Tanto per restare in tema, Mozart dovette adeguare pesantemente il taglio delle arie destinate a Idomeneo a causa dell'altro disastro che gli era capitato nel ruolo del protagonista. Anche qui mi viene in mente Pavarotti e penso "per fortuna che Mozart ha avuto a disposizione delle ottime cantanti, altrimenti ci saremmo dovuti accontentare di un Idomeneo un po' meno bello di quello che Mozart ha dato alle stampe".

    Curioso anche il fatto che la pagina dedicata a Dal Prato esista in inglese (http://en.wikipedia.org/wiki/Vincenzo_dal_Prato) ma non ancora in italiano, segno forse che non siamo molto fieri di questo personaggio.

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  3. Grazie per il benvenuto! :)
    E vero, con Raaff si trovò un'altra patata bollente tra le mani; un anziano cantante ostinatamente attaccato alle vecchie convenzioni dell'opera à la Hasse. Difatti la prima aria, come lo stesso Mozart afferma, è assai convenzionale (anche se non piaceva del tutto all'anziano tenore), e della seconda ammetteva che Raaff non vi poteva certo brillare, nonostante ne fosse innamorato. Sono comunque arie molto esigenti, sia dal punto di vista dell'agilità, sia nel canto legato. La terza è anch'essa molto bella, galante, dolce (orchestrata con clarinetti e fagotti), ma tagliata alla stessa "prima".
    Da sottolineare anche il fatto che Mozart immaginava di poter scrivere la parte di Idomeneo per Zonca (un basso, dunque!)

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  4. E per fortuna Mozart riuscì almeno ad imporsi su Raaff quando questi arrivò a contestare il quartetto "Andrò ramingo e solo"...

    A proposito della seconda aria, qui Mozart fa davvero "di necessità virtù", traendo tutto il meglio possibile da una tipica aria d'opera seria, nonostante i limiti obbligatori che la moda gli imponeva. E' forse uno dei pochissimi brani scritti in quello stile che è ancora popolare ai giorni nostri.

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