Nella Sonata mediana KV 333 Mozart comincia teneramente, quasi fermandosi nell'Andante cantabile (dove inscena una sorta di notturno per fortepiano solo), per poi chiudere con un rondò da concerto in piena regola senza orchestra in cui, tanto per ribadire il concetto, inserisce anche una cadenza. La sonata chiude un ciclo di quattro composizioni (da KV 330 a 333, appunto), ma rispetto alle precedenti è più cauta, quasi a ricalcare un'abitudine mozartiana, quella di chiudere in pianissimo brani anche trionfali:
Non c'è contrasto fra i due temi, entrambi pacati e distanti dalle consuete scorrerie pianistiche. L'unico accenno di virtuosismo si trova nello sviluppo, con un'appassionata corsa in do minore che sconvolge il ritmo quieto dell'Allegro e anticipa i fuochi d'artificio del Finale.
Come detto, però, il secondo tempo segna una pausa nel fluire musicale. Anche nell'esecuzione "minimizzante" di Gould, che corre la parte sua, questo brano richiama immancabilmente la scena di due innamorati di fronte a un chiaro di luna. Persino nelle ultime note sembra di percepire una languida dichiarazione:
Assolutamente calmo, il 2° movimento è uno dei più semplici mai scritti da Mozart. Assieme all'Adagio di una sonata molto più tarda e nella stessa tonalità, la KV 570, è un pezzo perfetto, di assoluta trasparenza melodica:
Non si potrebbe immaginare un Finale più differente: non tanto per la melodia del rondò, ancora (relativamente) tranquilla, quanto per lo sfolgorio di colori che si accende nell'ultima parte, con tanto di cadenza a ridosso della conclusione dopo una trepidante nota ribattuta che sembra una rincorsa (25:00):
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