Con Idomeneo comincia la seconda fase dell’opera lirica mozartiana. Tolto il singspiel Zaide, purtroppo incompiuto nonostante le numerose bellezze che contiene, l’ultima sortita teatrale di Mozart risaliva a circa sei anni prima ed era il Re Pastore, composizione costretta nell’opprimente cornice dello schema fisso aria – recitativo – aria – recitativo ecc. ecc. Se l’Idomeneo poteva far presagire all’ascoltatore fin dalla trama un esito simile a quello del Lucio Silla, fortunatamente Mozart qui si muove con maggior libertà, quella libertà che è la gioia e l’essenza principale della sua musica:
(Padre, germani, addio)
(Se il padre perdei)
Col personaggio di Ilia ha finalmente termine la serie delle eroine stereotipate dell’opera seria. Qui abbiamo una donna in carne ed ossa, non una statua: lo avvertiamo e lo sentiamo dal trattamento orchestrale, dalla linea del canto, dalle sfumature – spesso impercettibili e tanto più significative – con cui variano le melodie affidate a questa creatura.
Ma anche i personaggi più convenzionali (Idomeneo, Elettra) prendono lo spessore che mancava ai loro predecessori. Pur non priva di passaggi appartenenti al passato, quest’opera ci illustra la via che il teatro mozartiano prenderà di lì a poco.
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