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mercoledì 20 aprile 2011

69 – Opera seria, arie da concerto e concerti. La voce come strumento, lo strumento come voce (2° parte)

Ripescando nel Lucio Silla si possono trovare esempi chiarissimi di concerto per voce e orchestra: la primissima aria dell'opera, "Vieni ov'amor t'invita", funziona benissimo se eseguita con uno strumento al posto della voce, cui è affidato solo il compito di sciorinare passaggi molto complicati e, per quanto piacevoli, privi di vera consistenza drammatica:




Quando al posto della sequenza “aria – recitativo – aria – recitativo ecc,” arrivano i concertati, i cori, gli intermezzi orchestrali e i finali d’atto, l’opera mozartiana acquista una nuova dimensione, quella terza dimensione di cui s’è detto nell’articolo precedente, e la parola acquista finalmente il significato che di qui in poi non perderà più nella storia dell’opera.

Va detto che non tutta l’opera seria mozartiana, e tanto meno tutte le arie da concerto, fanno uso della voce come se si trattasse d’un violino, d’un fagotto o d’un violoncello. L’Idomeneo presenta parecchi esempi che contrastano col vecchio stile (le prime due arie di Ilia, la prima di Idamante); la Clemenza di Tito, esempio d’opera modernizzata con il taglio di scene, la fusione di arie diverse in concertati, i due finali compositi – sulla scia del singspiel e dell’opera buffa, pur senza ricalcarne lo stile – abbandona talvolta i sentieri battuti e in ogni caso rinuncia alle ripetizioni e alla lunghezza che caratterizzavano l’opera seria d’antan.






Così, se a un’aria alla Hasse* può corrispondere in pieno il movimento d’un concerto, un concertato mozartiano non si può più paragonare con successo ad un brano strumentale. Perché nel concertato si avverte l’impegno per caratterizzare i personaggi che vi partecipano, un’esigenza piuttosto si tende all’equilibrio tra le parti e all’equa distribuzione dei temi.

* Il quale pare abbia detto: “Questo ragazzo ci getterà nell’oblio” (“Dieser Knabe wird uns alle vergessen machen”)


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