Qualche settimana fa si è svolto un concerto a base di lieder per il quale avevo il biglietto d’invito, ma per un motivo o per l’altro non ho potuto assistervi. Il programma includeva canzoni di Mozart, Schubert e Brahms, ed ero interessato ad ascoltarle tutte perché mi attirava l’idea di un confronto:
Mozart (1756-1791)
Sehnsucht nach dem Frühling KV 596
Das Veilchen KV 476
Als Luise die Briefe KV 520
Männer suchen stets zu naschen KV 433
Der Zauberer KV 472
Abendempfindung an Laura KV 523
Schubert (1797-1828)
Frühlingsglaube D 686
Gretchen am Spinnrade D 118
Leise flehen meine Lieder D 957
Auf dem Wasser zu singen D 774
An den Mond D 193
Brahms (1833-1897)
Ständchen op. 106 n. 1
Sonntag op. 47 n. 3
Nicht mehr zu Dir zu gehen op. 32 n. 2
Agnes op. 59 n. 5
Lerchengesang op. 70 n. 2
Premetto che, pur avendo ascoltato la maggior parte di queste composizioni (mi mancavano solo il D 686 e il D 774), conosco decentemente solo quelle di Mozart. Considerando il programma mi vengono alla mente due osservazioni: un po’ di Beethoven liederistico non avrebbe guastato; inoltre si rimane colpiti se si dà uno sguardo alle date di nascita e di morte: tutti e tre gli autori sono vissuti in epoche totalmente diverse uno dall’altro, quasi le rappresentassero nel caso presente.
Passando alla musica, si comincia con i due capolavori mozartiani del genere: più popolare e amato il primo, basato su una canzoncina che Mozart amplia con una maliziosa codetta, non renderà con accenti ancora adeguati un concetto complesso come la Sehnsucht, ovvero la nostalgia del futuro, ma il pezzo è comunque perfetto per rappresentare il terzo stile mozartiano, essenziale e melodico al massimo grado; il secondo raffigura in note una poesia di Goethe, e qui si capisce che Mozart avrebbe potuto rivoluzionare il genere se avesse scelto altre volte testi di autori all’altezza.
A differenza della KV 596, Das Veilchen è una traduzione fedele, verso per verso, dalle parole alla musica. Come dire Schubert anticipato di un buon trentennio, pur nello stile più mozartiano che si possa immaginare: cambi di tonalità, pause improvvise, sipario condensato in un arpeggio, commento finale di mano del compositore (“Das arme Veilchen! Es war ein herzig’s Veilchen!”.
Note che dunque seguono scrupolosamente il testo e ne rivelano una dimensione nuova, inaccessibile alla parola.
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