Stamane all'alba la FD ha trasmesso una delle sonate per violino e pianoforte di Mozart, la KV 379, che forse è stata un po' oscurata dalla grande opera seguente (la KV 380 ha avuto sorte migliore ed è stata trascritta anche per clarinetto e archi, versione buona almeno quanto quella originale).
Si comincia tranquilli, con un adagio molto disteso, ma il secondo movimento è già leggendario, una vera frustata prebeethoveniana (si volle attribuire questo scatto d'impazienza persin poco mozartiano a un accesso di rabbia anti-Colloredo). Tutto, e specialmente nella chiusura luciferina, si fa tremendamente vivo e acceso: potrebbe essere un finale pirotecnico, ma come giunge sovrana la calma dell'ultimo tempo, un tema con variazioni di impassibile eleganza:
Un Mozart che contrasta con se stesso, un ritorno alla quiete che quasi sembra dire "Ferma, aspetta: si può risolvere tutto anche così". Era destino che in fin dei conti a Beethoven toccasse l'anima minacciosa e fiera che afferra e si afferra nel II movmento, e a Mozart lo splendore della soavità vittoriosa.
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