Cerca in Daily Mozart

giovedì 13 dicembre 2012

Grandi contemporanei: Joseph Martin Kraus (4)

La tattica dell'introduzione lenta e in minore si è rivelata ottima, al punto che Kraus - evidentemente soddisfatto - la ritenta tale e quale nella Sinfonia successiva VB 139, scritta all'incirca un anno dopo (siamo ancora a Stoccolma, a cavallo tra l'80 e l'81). La Sinfonia è incisa nel I volume della collana Naxos dedicata a Kraus.

Stavolta siamo tornati a un organico normale con flauti e corni e senza il violino quasi-solista, ma come vedremo la struttura dell'orchestra kraussiana tenderà via via ad ampliarsi, quasi Joseph Martin fosse stato un antifilologo convinto; si vede in ogni caso che avrebbe apprezzato le sonorità ottocentesche, se consideriamo il crescendo numerico che caratterizza la strumentazione delle sue opere.








Anche questa introduzione detta il carattere all'opera: l'assenza del violino principale corrisponde a un minor lirismo, ma l'amabile serietà che già avevamo ammirato nella sinfonia precedente e contrasta con la pretesa frivolezza settecentesca non viene mai meno. Così abbiamo un Andante di molto ancora in do minore di misteriosa e dolente bellezza, irto di significative pause già beethoveniane e forse persino superiore all'introduzione della VB 138, che si fa da parte dopo circa un minuto e mezzo per cedere il posto all'Allegro in maggiore, di impronta eroica ma quasi mai festosa.

Abbiamo ormai passato le soglie di un sinfonismo ben diverso da quello cui ci hanno abituati l'Haydn e il Mozart di quel periodo, e ci troviamo senza accorgercene nel bel mezzo di momenti e di movimenti che grondano slancio e maestosità, tra il solenne e l'indomito.



Il 2° tempo, Un poco andante, è sorprendentemente breve e sembra cominciare a caso, da una frase qualsiasi, e ricorda quei tempi del periodo francese di Haydn denominati "capriccio" e sistemati al posto del tempo lento. Non si capisce neppure, dalle primissime battute, se siamo in modo maggiore o minore.





Il melodizzare inquieto assume rapidamente forme più classiche e riconoscibili, ma di tanto in tanto interventi bruschi dell'orchestra, piazzati nel silenzio generale, riportano un caos che non avevamo ancora sperimentato in queste opere. Dopo neanche tre minuti e mezzo arriviamo al Finale (Allegro), altrettanto conciso: la durata del 2° e del 3° tempo lasciano intendere che quest'opera fosse meno ambiziosa della precedente.






In ogni caso abbiamo una forma-sonata atipica: le frasi dell'esposizione germogliano spontaneamente una dall'altra e riportano all'idea di un monotematismo intelligente e costruttivo (anche se è possibile riconoscere almeno due melodie, il loro peso all'interno del Finale è piuttosto modesto).
Il soggetto principale non è più importante di quel che segue, anzi ne è persino sovrastato, al punto che lo sviluppo - dopo aver ripreso pari pari dal tema iniziale - finisce per insistere sul materiale di transizione fra un soggetto e l'altro. Dopodiché, Kraus passa a una veloce ricapitolazione (che par più una coda che una ripresa) del materiale già cospicuo che aveva presentato.

Grandi contemporanei: Joseph Martin Kraus (3)

Sempre nel II volume Naxos troviamo la Sinfonia VB 130, ancora in fa maggiore, che viene datata 1772 o 1776. Pur nella sua festosità di fondo, presenta temi più chiaramente definiti rispetto alle due sinfonie che la precedono. L'incipit esultante e le ammiccanti acciaccature del primo tempo sono di una spensieratezza haydniana (per quanto lo stile non ricordi molto Haydn):



L'Andante è un tempo tranquillo e poco appariscente. Più netti i contorni del Finale, molto breve, che esordisce con un bel tema da rondò in 6/8. In realtà la struttura non è quella di un rondò, è anzi monotematica perché la melodia principale si alterna a una sorta di controfigura in minore che ben presto riprende i toni entusiastici con cui il brano era cominciato:






Dopo questa sinfonia, tutto sommato ancora molto modesta, abbiamo un periodo di buio durante il quale Kraus ha composto delle sinfonie andate perdute (VB 131 - 137) che avrebbero potuto testimoniare la sua ascesa verso ben altri esiti. Ci ritroviamo così alle soglie del 1780 e faccia a faccia col suo primo capolavoro, la Sinonia in do maggiore con violino obbligato VB 138 scritta Stoccolma (e sempre compresa nel II volume, che di fatto ci offre i primi saggi sinfonici di Kraus).


Abbiamo qui la prima, grande introduzione sinfonica kraussiana. Se la tonalità d'impianto lascia presagire un altro lavoro all'insegna di un superficiale tripudio, in realtà l'Adagio di apertura è in un nobile e lacerante do minore. Il violino interviene fin quasi da subito, con frasi di stampo concertistico che potrebbero mettere in discussione l'effettiva identità sinfonica di quest'opera, sospesa tra il genere delle composizioni per sola orchestra e quello del concerto solistico.




Fatto sta che quest'introduzione ha un peso notevolissimo, occupando quasi tre minuti del primo movimento, e determina di fatto la sonorità e il carattere anche di ciò che segue.

L'Allegro, benché stavolta davvero in do maggiore, è infatti molto più serio rispetto agli omologhi delle sinfonie precedenti e il violino mantiene lo stesso ruolo svolto nell'introduzione, conferendo lirismo e una maggior dignità a tutto l'insieme. I ritornelli sono lunghi, ricchi di sfumature e potenzialmente assai adatti a un'intelligente manipolazione tematica; ce lo dimostra lo sviluppo, pure esteso e screziato da frasi imperiose e intenti drammatici.

Il dialogo tra il violino e il flauto, che interviene direttamente dall'orchestra, crea un episodio che non ha solo lo scopo di saldare la conclusione dello sviluppo alla sezione successiva, ma genera a sua volta dei pensieri musicali nuovi, sia per lo pseudo-solista che per il "tutti". La struttura si è insomma ampliata e complicata, a tutto vantaggio dell'eloquenza e del significato dell'opera, che spazza via gli schemi compositivi dell'epoca, e non solo per via del violino obbligato che suona a parte rispetto agli altri strumenti.

Nell'Andante Kraus parte con un tema sapientemente commisurato nel tono e nella poetica al resto della sinfonia. Nuovi, sentiti e appassionanti interventi del violino in combinazione col flauto, un tandem strumentale che già avevamo udito con piacere nel tempo precedente, rafforzano una potente impressione di unità che si sarebbe irrimediabilmente persa con un movimento svagato o più debole:





La sinfonia si conclude con un Allegro di pura verve haydniana, temperata da una serietà discreta e salutare che fa sempre riferimento ai brani appena ascoltati. Ce ne accorgiamo fin dalle note ribattute del tema, corroborato da un bel falso crescendo di tremoli; anche qui il violino non perde occasione di partecipare a questo sostanzioso banchetto musicale e mette lo zampino anche nello sviluppo.

La bellezza di quest'opera non consiste quindi solo nei temi, nell'unità e nel carattere fieramente mantenuti, ma anche nell'abilità con cui l'autore è riuscito a fondere sinfonia e concerto in tutte le fasi di quest'opera senza mai far pendere troppo la bilancia verso l'uno o l'altro genere.





L'unica opera che corre alla mente pensando a questo grande lavoro è la Sinfonia concertante mozartiana per violino e viola, scritta a Salisburgo più o meno nello stesso periodo e in condizioni del tutto diverse, per quanto le due opere abbiano un'intensità lirica molto affine. Per quanto riguarda il futuro, invece, c'è chi ha azzardato anche un confronto con l'Aroldo in Italia di Berlioz, almeno per quanto riguarda la struttura.

domenica 2 dicembre 2012

283 - Ci trasferiamo su mozartminore

Da oggi gli articoli di questo blog verranno riversati sul suo gemello, il sito http://mozartminore.wordpress.com, e qui non ne verranno pubblicati altri. 

A rileggerci a presto su Mozartminore!

domenica 25 novembre 2012

282 - Dormite sul pentagramma (2)

Né è sfuggita la debolezza di alcune composizioni da camera che obiettivamente poco aggiungono alla produzione mozartiana, ammesso che vadano effettivamente attribuite al nostro autore. Opere come il Trio KV 266 (che probabilmente è il torso di una composizione che avrebbe dovuto contenere un numero maggiore di movimenti) o la negletta Sonata per fagotto e violoncello KV 292 di cui s'è parlato in un post precedente:


Di fattura non sgraziata, ma alquanto anonimo, il Trio KV 266 è ancora all'antica, privo di quelle finezze cui Mozart ci ha abituati. Dopo l'Adagio, che non sarebbe un'anomalia per questo tipo di composizioni, abbiamo un minuetto un po' più spigliato. Ad ogni buon conto l'autore, chiunque egli fosse, dopo averlo terminato deve avere abbandonato la composizione.

Anche diverse opere scritte a Parigi sotto finite nell'occhio del ciclone. Dalle danze confuse con quelle di altri compositori (Les Petits Riens, la Gavotta KV 300 che non conta ancora neppure un'esecuzione su YouTube) agli svogliati quartetti per flauto fino alla Sinfonia KV 297, questa produzione all'ombra della Tour Eiffel concede troppo al volubile gusto del pubblico, senza peraltro ottenere il successo sperato:


La popolarità attuale della Sinfonia parigina è però innegabile, forse proprio grazie alla sua allegria superficiale e alle numerose ripetizioni che suggerirono all'Abert un appropriato commento: "Ne consegue la rinuncia alla profondità e all'originalità delle idee fondamentali e della loro elaborazione, nonché una certa verbosità che si manifesta, a  onta della volontà di concentrazione, nella tendenza a ripetere cose già dette, quasi nel timore che l'ascoltatore non abbia ben afferrato". Il pubblico parigino applaudì il primo e il terzo movimento, ma mugugnò durante il secondo, inducendo Mozart a scrivere un altro tempo lento. 

Interessante è il modo in cui, almeno in quel di Parigi, la gente assisteva agli spettacoli musicali: gli applausi non scrosciavano solo alla fine dei singoli movimenti, ma anche durante melodie particolarmente gradite. Ce lo attesta lo stessso Mozart: "A metà dell'Allegro c'era un passaggio che sarebbe piaciuto. Tutti gli ascoltatori ne furono trascinati e un grande applauso proruppe".

sabato 24 novembre 2012

281 - A ritroso fra le sonate (5)

La Sonata KV 330 in do maggiore, complessivamente una delle meno interessanti del corpus pianistico mozartiano per via dei due tempi estremi un po' troppo blandi, è considerata una sonata facile sotto l'aspetto tecnico, ma è di carattere del tutto diverso rispetto alla Sonata KV 545, pure per principianti. Nel primo tempo Mozart si diverte a giocare con frasi ingenue ma non prive di charme.

Caratteristica abituale: nello sviluppo troviamo subito un tema nuovo, che domina quasi tutta l'elaborazione e sparisce soltanto quando comincia la ripresa:


Altrettanto blando, seppure con un pizzico di brio in più, è l'Allegretto finale, che quasi ricalca il primo tempo con uno sviluppo occupato da una melodia tutta nuova:



Fin qui, tuttavia, sarebbe poco più di un divertissement; ben diverso (per fortuna) è lo scenario del movimento centrale:


Il tema è in linea con l'Allegro precedente, ma prende quasi subito strade differenti e nelle parti in minore gli accenti si fanno ancora più commossi e accorati. Si noti come, anche in un'esecuzione totalmente diversa da quella gouldiana, il senso del brano rimanga intatto.

venerdì 23 novembre 2012

280 - Recitativi accompagnati (9)

Da questo punto in poi la disperazione di Idamante prende strade ancora più cupe: prima convinto che il padre fosse morto, ora lo riconosce ma ne viene subito allontanato senza poter capire il perché. 

Questa situazione di angoscia contrasta efficacemente con l'intermezzo che segue, in cui i Greci festeggiano tra canti e balli la sudata vittoria. Il primo atto si chiude quindi con l'euforia del coro e il secondo si apre con la celebre aria di Ilia "Se il padre perdei". Nel recitativo accompagnato che segue Idomeneo riprende alcuni passi dell'aria, ripensando alle parole della ragazza:

giovedì 22 novembre 2012

279 - Grandi contemporanei: Joseph Martin Kraus (2)




"Buffa, ma senza ovvie buffonerie": così Ferruccio Tammaro riprende e commenta il titolo della Sinfonia VB 129, per l'appunto "Sinfonia buffa", dove i 3 movimenti sono saldati uno all'altro e l'abilità di Kraus nell'orchestrazione fa altri decisi passi avanti, benché le idee melodiche siano ancora generiche, à la Mannheim. Si può insomma definire una sorta di festa in 3 tempi alla quale partecipano ampiamente tutti gli strumenti, non solo gli archi.

Nel tempo centrale (Andantino) di quest'opera vivace vi è poi da segnalare il misterioso tema annunciato dai flauti è un bell'inizio, prima del ritorno alla normalità sancito dagli archi:


C'è però un momento, alla fine di questo brano, che sembra portarci in un mondo affatto diverso (4:09). Una finta conclusione che lascia intravedere altri scenari, altre profondità. Il finale presenta due melodie insolitamente estese, lontane dalla sciatteria delle sinfonie galanti. In pieno sviluppo compare un altro soggetto bizzarro, quasi turchesco, una sorta di terzo incomodo che richiama alla mente l'inizio dell'Andantino e tornerà ancora una volta in questo Finale.



mercoledì 21 novembre 2012

278 - Solo per divertimento? (16)

Il KV 252 torna alla sfera rassicurante e leggera del divertimento per fiati. Questo è in quattro movimenti, con un Andante in cima e una Polonaise (danza raramente utilizzata da Mozart) in terza posizione.


Il tema dell'Andante ricorda da vicino "Stille Nacht" di Franz Xaver Gruber, che in realtà ne ricalca solo le prime quattro note anche se il ritmo è molto simile. Ad ogni buon conto, è molto improbabile che Gruber abbia conosciuto e ascoltato il divertimento mozartiano, specie in un'epoca in cui questo genere compositivo era ormai al tramonto se non già abbandonato.

Dopo un minuetto abbiamo una tranquilla Polonaise che, col suo tema balzellante, che ci preannuncia da molto lontano le stravaganze di ben altra composizione, la Serenata Gran Partita:


Nel finale (Presto assai) abbiamo una conclusione davvero velocissima del Divertimento, con un tema a moduli (o a blocchi) come il minuetto precedente. Curiosa - e anche qui, probabilmente, del tutto causale - la somiglianza del soggetto con uno dei vari temi del Rondò che conclude il Primo concerto per pianoforte di Beethoven: 









martedì 20 novembre 2012

277 - A ritroso fra le sonate (4)

Rispetto al 1° movimento della Sonata KV 331, altrettanto serio e pensoso è il Minuetto centrale (la struttura della Sonata si rifà ai modelli francesi, anche se c'è un altro esempio in Mozart che segue la stessa disposizione dei tempi, ovvero la Sonata KV 282 in mi bemolle maggiore, composta a Monaco).

lunedì 19 novembre 2012

276 - Dormite sul pentagramma

Ogni tanto qualche critico sbotta: "Ohé, ma qui Mozart ha proprio dormito". Il riferimento è alla celebre frase  "Aliquando bonus dormitat Homerus": succede, anche ai migliori. Anche a Mozart, che secondo Hildesheimer controbilanciò la mole immensa e inquietante del Don Giovanni con un "lied, strofico, noiosissimo, fa maggiore" (non si capisce però se il fa maggiore venga usato qui con connotazione spregiativa):


Composto per l'appunto pochi giorni dopo la prima del Don Giovanni (KV 527), questo lied ("Il compleanno del piccolo Federico") porta sul collo la targhetta KV 529, dal che si deduce che non è proprio stato scritto immediatamente dopo. C'è in mezzo ai due K una scena per soprano (il Recitativo "Bella mia fiamma" + l'Aria "Resta, o cara") che ha visto la luce 3 giorni prima del lied e 5 giorni dopo quella celebre prima rappresentazione praghese.

C'è poi un'antica maledizione che si accanisce contro le composizioni mozartiane scritte "per l'Incoronazione" (sacra o profana che sia), sempre e puntualmente dei capolavori mancati: dalla Messa KV 317 in do, bollata come modesta dal Buscaroli...


... al Concerto KV 537 (il n. 26 per tastiera), che si porta addosso la stessa denominazione e lo stesso giudizio, più che altro per il primo tempo che non ha convinto i critici. Sentite però il terzo e fateci sapere:


(Nota finale: nel Gloria della Messa KV 317, a un bel punto, si sente un tema che ne ricorda un altro della canzone natalizia O Tannenbaum. L'avete notato? Sì? No? In ogni caso ve lo segnaleremo con tanto di video in un prossimo post) 

domenica 18 novembre 2012

275 - Concertati: il percorso mozartiano (22)

Nel secondo atto il Don Giovanni scende un po' di tono, almeno fino al grande banchetto finale. Il duetto tra il protagonista e Leporello è il punto più basso dell'opera, se non altro sotto l'aspetto melodico. In compenso l'ammirazione dei critici si appunta sul terzetto successivo "Ah taci, ingiusto core", dove Don Giovanni dimostra una volta di più di fare veramente schifo.

sabato 17 novembre 2012

274 - Grandi contemporanei: Joseph Martin Kraus

Nonostante abbia affrontato diversi generi, il compositore tedesco-svedese Joseph Martin Kraus (1756-1792) è più che altro ricordato e apprezzato come sinfonista, oltre che per il fatto di essere nato nello stesso anno di Mozart e vissuto solo un anno più di lui. Vale tuttavia la pena di addentrarsi nella sua produzione e nella sua biografia.

venerdì 16 novembre 2012

273 - A ritroso fra le sonate (3)

Ed eccoci alla sonata più popolare e conosciuta di Mozart, la KV 331 in la maggiore o, per dirla in modo spiccio, quella con la "Marcia turca". Si deve infatti al 3° movimento di quest'opera, dal tema inconfondibile e di sapore orientale, quest'immensa notorietà che ha poco che vedere con il Mozart minore, tant'è vero che se ne trovano trascrizioni per ogni strumento possibile:

giovedì 15 novembre 2012

272 - Recitativi accompagnati (8)

All'abbondanza di recitativi accompagnati, nell'Idomeneo fa riscontro una qualità sempre elevata: lo abbiamo visto nei primi due esempi dell'opera, ovvero gli sfoghi di Ilia e di Elettra. Tocca ora al personaggio del titolo, una sorta di antieroe, mettersi in mostra con questo espediente tecnico.

mercoledì 14 novembre 2012

271 - Danza che ti passa

Come mai un genere coltivato e praticato da Mozart per tutta la sua vita (cominciò a scrivere danze a 13 anni e continuò fino all'ultimo anno, in cui inondò letteralmente le sale di minuetti, come quelli del video seguente, e altri balli all'epoca in voga) è rimasto così in ombra, anche durante l'era di Internet?

martedì 13 novembre 2012

270 - Solo per divertimento? (15)

Nel 4° movimento c'è il consueto minuetto, che stavolta è però arricchito da tre variazioni di tipo ornamentale e con queste si alterna. Manca di conseguenza il Trio.


Il Rondò che segue, col suo tema scacciapensieri, potrebbe essere tranquillamente il finale dell'opera, ma in realtà Mozart ci ha riservato una piccola sorpresa, come vedremo. Alcuni passi raffinatissimi (quello turcheggiante in minore a 1:50, per esempio, in cui si contrastano un tema minaccioso e una melodia sorniona dell'oboe) rimandano alla meravigliosa vena melodica del primo tempo:


Il rondò è atipico, perché al posto delle strofe ha veri e propri episodi di peso ragguardevole, in cui anche il tempo della musica si altera prima di ritornare al tema di base. L'ultimo movimento però non è questo, bensì una piccola Marcia alla francese, caso molto raro se non unico in Mozart (per quanto egli concluda sovente le sue Serenate con una marcia), che ha l'effetto di un "rompete le righe":

lunedì 12 novembre 2012

269 - "Nessun valore musicale considerevole"

Nessuno si sarebbe scandalizzato se ci avessero parlato delle Contraddanze KV 267 (mai sentite?) come un buon pezzo. O forse qualcuno sì, un paio, di nome Wyzewa e Saint-Foix, per i quali non contenevano "nessun valore musicale considerevole". Il secondo poi, vide meraviglie nell'improbabile lento del Concerto KV 268, dichiarato spurio a furor di critica e probabilmente composto da un violinista amico di Mozart che aveva poche speranze nel campo della composizione.


Le quattro Contraddanze del nostro post, scritte più per piacere personale e altrui che per mettere in luce un solista, sono uno dei numerosi lavori scritti da Mozart per il carnevale (salisburghese o viennese, secondo i casi). Le danze, poi, sono l'ordinaria amministrazione nell'agenda d'impegni mozartiana, ma anche in questo caso mostrano una cura non disprezzabile dell'orchestrazione, sempre varia e felicemente realizzata. 

Si troverà particolarmente azzeccato il minestrone timbrico del secondo brano (1:26), dove flauti, fagotti e corni fanno la loro porca figura.

domenica 11 novembre 2012

268 - A ritroso fra le sonate (2)

Più agitata e spumeggiante della Sonata KV 333, quella precedente in fa maggiore (KV 332) sembra voler sfruttare in lungo e in largo le potenzialità del fortepiano, specie nel tempo centrale (uno studio minuzioso sugli abbellimenti) e nel finale caratterizzato da una vivacità debordante che abbraccia il registro acuto dello strumento.

I due temi sono fintamente contrastanti: in fa maggiore il primo, in do minore il secondo (ma è un do minore quasi giocoso, certo non appassionato come nel caso della Sonata in quella tonalità). Questa irregolarità nello schema della forma sonata aggiunge pepe alla musica:

Sembra oltretutto un pezzo fatto apposta per i sostenitori dello stile galante: l'armonia riporta bassi albertini a gogò in tutti e tre i movimenti (quei bassi albertini che indussero il Buscaroli a dar ragione a Gould, quando questi diceva che Mozart fosse tanto sopravvalutato), quasi a dimostrare che si può scrivere ottima musica anche senza ricorrere all'arte del contrappunto. Nel tempo iniziale vi accenna invero una volta, quando riprende con la mano sinistra uno spezzone del lungo primo tema. 

Accidentale, ma comunque interessante, è la somiglianza del secondo soggetto con l'aria "La donna è mobile" (0:46), che non coincide però con una parentesi lirica, perché il brano riprende subito dopo con rinnovata velocità. Né sorprende il fatto che lo sviluppo cominci con una melodia ancora non udita nell'esposizione: questo rientra anzi nella prassi compositiva mozartiana.


Resta così l'Adagio, tutto buone maniere e gruppetti, si potrebbe considerare un ciclo di variazioni ornamentali, ma in realtà anche qui abbiamo abbiamo due temi che vengono ripresi e variati una sola volta. Si  noti che il pezzo si presenta in due versioni che differiscono nella scelta degli abbellimenti.


sabato 10 novembre 2012

267 - Concertati: il percorso mozartiano (21)

L'arrivo delle maschere è accolto in modo cerimonioso da Leporello e in maniera trionfale da Don Giovanni, che intona un inno alla libertà, ben presto seguito dagli altri. Dopodiché (1:28) riprende il minuetto sentito già in precedenza, ma la novità è che, dopo un'enunciazione della danza, ne cominciano altre due (2:36), in tempi e su melodie diverse, per accompagnare la borghesia (valzer) e i contadini (contraddanza):


Ovviamente le tre danze risuonano contemporaneamente, interrotte solo quando Don Giovanni tenta di prendere da parte Zerlina per violentarla. Quest'ultima si ribella (3:24) e si gettano via le maschere per tentare un assalto finale al seduttore. 

Come già era avvenuto nelle Nozze (finale II atto) - anche se qui il procedimento si ripete in modo tutto sommato meno efficace - si contrappongono due gruppi di personaggi, i buoni (Don Ottavio, Donna Anna, Zerlina, Donna Elvira, Masetto) e i cattivi (Don Giovanni e Leporello), anche se il padrone e il servo cantano la stessa melodia su testi diversi. L'atto si conclude con l'ennesima fuga del protagonista, nonostante sia minacciato da Don Ottavio con tanto di pistola in offerta speciale.


venerdì 9 novembre 2012

266 - Perché le hai abbandonate, Mozart?

Un CD da ascoltare
Dopo la confortante e sonora presenza della Finta Giardiniera, poco si sa del Mozart buffo e della sua evoluzione fino alle Nozze di Figaro. O meglio, si sa qualcosa, e questo grazie ad alcune arie isolate (ne abbiamo un esempio prerossiniano qui di seguito) e a due abbozzi di opere, purtroppo rimasti tali, che precedono di circa tre anni il primo capolavoro su libretto di Da Ponte. 


Se la prima delle due incompiute (L'Oca del Cairo, KV 422) arriva almeno a coprire un intero atto pur mancando dell'Ouverture, la seconda (Lo sposo deluso, KV 430) si ferma dopo appena cinque numeri nonostante un inizio folgorante, superiore per slancio a quello delle stesse Nozze.


L'Ouverture

Lo splendido Quartetto di apertura, derivato direttamente dall'Ouverture


Entrambe lasciano rimpiangere all'ascoltatore l'assenza di un librettista decente, perché è forse per questo motivo che Mozart abbandonò la stesura dei due "aborti buffi", come maldestramente li chiamano Carli Ballola e Parenti. Peccato perché, per quanto raffazzonato e improbabile, il testo dello Sposo deluso era già completo (i curiosi potranno consultarlo qui e qui), mentre quello dell'Oca del Cairo (fornito a puntate dall'abate Varesco) si arenò di fronte all'impossibilità di dar seguito in modo plausibile all'intreccio del primo atto. 

Mozart conferma alla grande le conquiste raggiunte nell'Idomeneo anche nell'atto monco dell'Oca del Cairo, al punto da invogliare diversi registi a tentarne la rappresentazione. E han fatto bene, perché è una musica divertentissima e scoppiettante, anche se spesso si finisce per sovraccaricarla - come in questo video - tentando di riempire i vuoti lasciati in partitura da Mozart:







giovedì 8 novembre 2012

265 - Bis in idem, o del melologo

Paganini non ripete, Mozart sì: nel post precedente s'era accennato al singspiel incompiuto Zaide e alla sua particolarità, ovvero la fusione tra musica e dialogo in quello che è detto melologo. Se ne conoscono rari esempi nelle opere dei grandi (Egmont e Fidelio in Beethoven, il Freischütz in Weber, il Sogno di una notte di mezza estate in Mendelssohn); in Mozart ne abbiamo appena due. Il secondo, in particolare, merita un cenno:


Altrove il melologo viene chiamato Melodram: è il caso dell'Egmont, per esempio, che si chiude con la fragorosa Sinfonia di Vittoria:


mercoledì 7 novembre 2012

264 - Recitativi accompagnati (7)

Dopo il Re Pastore - che rinuncia al recitativo accompagnato - e il singspiel Zaide - che lo sostituisce col melologo, un caso unico in Mozart che tornerà nelle musiche di scena beethoveniane - giungiamo finalmente al capolavoro assoluto: l'Idomeneo, l'opera seria più celebre e giustamente amata della storia della musica.

Qui lo scialo dei recitativi accompagnati è abbondante (una buona dozzina) ma motivato: prima d'ora non era mai stato proposto a Mozart un dramma con sentimenti così contraddittori e laceranti: Ilia che dovrebbe odiare il principe Idamante e invece lo ama, ma non riesce ad ammetterlo neppure a se stessa; Idomeneo che sacrifica la prima persona che incontrerà per salvarsi da un naufragio (e puntualmente incontrerà suo figlio); Elettra che vuole sposare Idamante, ma solo per smanie di potere anche se sembra che l'amore c'entri, almeno giusto un pochino.  

In questo groviglio di situazioni intricatissime, poteva quest'opera cominciare con un'aria o un concertato, o ancora con un semplice recitativo secco? Nemmeno per idea: 


Benché il libretto dell'opera non aiuti affatto il compositore, Ilia è il primo personaggio mozartiano perfettamente caratterizzato. Il recitativo accompagnato e l'aria seguente già la delineano in pieno, ne ritraggono i dubbi e le ansie con una commovente semplicità melodica e la sicurezza del drammaturgo nato. 

L'orchestra interviene subito, prima ancora del clavicembalo, a sostenere la linea vocale del personaggio: inizialmente lo fa con piane frasi discendenti, ma quando Ilia comincia a parlare di Idamante, il principe di cui è segretamente invaghita, il discorso si fa molto più agitato. 

Non c'è separazione né pausa tra recitativo e aria, il che rende il fluire della scena molto più naturale e spontaneo; d'altronde Mozart potrà farsi un vanto, in quest'opera, di aver assimilato alla grande la lezione gluckiana e snellito decisamente, in un buon numero di casi, i ritmi ingessati del dramma serio.

Va inoltre detto che Idomeneo non è un'opera incentrata su un personaggio in particolare. Il titolo non coincide col protagonista (che è anzi quello che combina i disastri e poi aspetta che il figlio o la sua innamorata li risolvano non si sa come), né il principe Idamante può dirsi il motore dell'azione. 

Lo è piuttosto la coraggiosa Ilia, che tuttavia impiega un bel paio d'atti e mezzo a dichiararsi, mentre la disgraziata Elettra assiste impotente allo svolgersi della vicenda, ma d'altronde è proprio lei, con un altro splendido recitativo (migliore dell'aria cui è collegato), a stagliarsi sulla scena:



martedì 6 novembre 2012

263 - A ritroso fra le sonate

Nella Sonata mediana KV 333 Mozart comincia teneramente, quasi fermandosi nell'Andante cantabile (dove inscena una sorta di notturno per fortepiano solo), per poi chiudere con un rondò da concerto in piena regola senza orchestra in cui, tanto per ribadire il concetto, inserisce anche una cadenza. La sonata chiude un ciclo di quattro composizioni (da KV 330 a 333, appunto), ma rispetto alle precedenti è più cauta, quasi a ricalcare un'abitudine mozartiana, quella di chiudere in pianissimo brani anche trionfali:


Non c'è contrasto fra i due temi, entrambi pacati e distanti dalle consuete scorrerie pianistiche. L'unico accenno di virtuosismo si trova nello sviluppo, con un'appassionata corsa in do minore che sconvolge il ritmo quieto dell'Allegro e anticipa i fuochi d'artificio del Finale.

Come detto, però, il secondo tempo segna una pausa nel fluire musicale. Anche nell'esecuzione "minimizzante" di Gould, che corre la parte sua, questo brano richiama immancabilmente la scena di due innamorati di fronte a un chiaro di luna. Persino nelle ultime note sembra di percepire una languida dichiarazione:


Assolutamente calmo, il 2° movimento è uno dei più semplici mai scritti da Mozart. Assieme all'Adagio di una sonata molto più tarda e nella stessa tonalità, la KV 570, è un pezzo perfetto, di assoluta trasparenza melodica:


Non si potrebbe immaginare un Finale più differente: non tanto per la melodia del rondò, ancora (relativamente) tranquilla, quanto per lo sfolgorio di colori che si accende nell'ultima parte, con tanto di cadenza a ridosso della conclusione dopo una trepidante nota ribattuta che sembra una rincorsa (25:00):


sabato 3 novembre 2012

262 - Solo per divertimento? (14)

Col Divertimento per orchestra KV 251, scritto nel 1776 per il compleanno della sorella Nannerl, Mozart s'impone subito all'attenzione dell'ascoltatore con un tema svettante e originale, lontano dai consueti accordi o dalle note lunghe e ribattute che costellano gli incipit di tante composizioni dell'epoca:


Tutta l'esposizione dell'Allegro iniziale si mantiene sui livelli sontuosi di questa partenza fulminea e trascinante; se Mozart non avesse risparmiato sullo sviluppo, che in effetti è piuttosto breve benché particolarmente focoso, sarebbe francamente difficile annoverare questo brano maiuscolo tra quelli destinati al genere del divertimento.

Dopo un Minuetto cerimonioso troviamo un Andantino deliziosamente leggero e non privo di sorprese, come il cambio di ritmo a 2:25, quasi un tratto haydniano.



venerdì 2 novembre 2012

261 - Di Mozart oppure no? (11)

In alcune edizioni integrali delle sonate mozartiane si può rintracciare una "diciannovesima sonata" con tanto di numero di catalogo aggiunto a posteriori (KV 498a, o meglio App. 136) e costituita da due brani controversi (un Allegro e un Minuetto, che secondo una teoria non verificata potrebbe essere il secondo dell'Eine kleine Nachtmusik) e due pezzi ricavati da movimenti dei concerti di Mozart per tastiera (KV 450, 456 e 595) che sono stati con tutta probabilità aggiunti successivamente per formare una sonata completa. 

Benché nel 1806 sia stata inizialmente attribuita ad August Eberhard Müller, questa sonata ha tentato i critici inducendoli ad ascriverla a Mozart, anche per via dei due tempi posticci basati su un materiale tematico a loro materiale. Molte, però, sono le riserve che si possono nutrire sull'autenticità, almeno per quanto riguarda l'Allegro iniziale:


Alcune caratteristiche (l'esposizione dei temi e la sua conclusione, il fatto di derivare il secondo dal primo, il fraseggio un po' accademico) farebbero pensare a Clementi e alle sue sonate didattiche. Indubbiamente più mozartiano il minuetto:


Senza arrivare a dire, con l'Einstein, che questo minuetto potrebbe essere il pezzo mancante della Piccola serenata notturna (che a quanto pare in origine aveva 5 movimenti e non 4), nel modo di trattare l'armonia e la parte della mano sinistra in particolare riconosciamo il Mozart sonatistico. 

Non mancano inoltre minuetti o brani con il tema cromatico nella sua produzione, anche se pare azzardato assegnare a colpo sicuro un pezzo basandosi su argomenti così fragili:








martedì 23 ottobre 2012

260 - Arancia meccanica

Un Mozart ruvido: è questo che volevate? Ed eccolo, ben rappresentato dal suono tagliente degli archi in uno dei sui primi Quartetti (è il KV 159, scritto a Milano e poco noto). Dopo un primo tempo Andante all'acqua di rose Mozart scatena la sorpresa con un Allegro in sol minore appassionato ma anche scontroso e violento, all'Arancia meccanica insomma.


Più desolato e fine (per la presenza luminosa dei fiati, ndr), ma sempre piuttosto brusco è anche l'ultimo tempo del concerto per pianoforte in do minore KV 491: ci troviamo nella piena stagione dei capolavori, stavolta, con accenni di pessimismo a oltranza in alcune delle opere più tragiche (vedasi anche la Sonata KV 457 e relativa Fantasia KV 475 in omaggio per maggiori informazioni).



Ah. già, la fantasia KV 475. Non ne avevamo mai parlato, lo facciamo adesso. Forse è l'opera più orientata al secolo successivo che Mozart abbia composto, pur se ispirata alle analoghe composizie di C.P.E. Bach, maestro indiscusso del genere. Potrebbe essere tranquillamente un brano romantico e invece è tutto rigorosamente classico, come tutto il resto della produzione mozartiana. 

Si parte col preludione imbronciato e misterioso, nel do minore dei poeti incompresi. Circospettissimo, con un basso albertino da ufficio inchieste poi rimpiazzato dalle note ribattute per creare maggiore tensione, questo inizio molto esteso accompagna l'interprete e l'ascoltatore fino alle soglie di una delicata canzone per piano e basta (03:35, Gould ce la fa aspettare con una suspence che sfiora il racconto alla Hitchcock).


Anche la canzone in si bemolle si aggira inquieta per la tastiera per il tempo necessario, con il basso albertino onniopresente, in vena di stalking, e poi si sbriciola a 06:17 in una pioggia di tremoli. Tutta la Fantasia alterna (spesso ciclicamente, visto che alcuni episodi si ripetono) episodi virtuosistici ad altri molto più settecenteschi, dissonanze estenuate a melodie limpide, fino alla triplice scala finale (14:51) che rivernicia imperiosamente il do minore d'impianto.

domenica 21 ottobre 2012

259 - Concertati: il percorso mozartiano (20)

Dopo il quartetto "Non ti fidar, o misera", il concertato successivo è l'intero Finale del I atto, sviluppato a partire dallo pseudo-duetto Zerlina-Masetto ("Presto presto, pria ch'ei venga"), quasi subito ampliato in terzetto con l'arrivo del coro e poi di Don Giovanni. Una musica tenera e sensuale (2:21) accompagna lo scambio di battute tra Zerlina e quest'ultimo. L'idillio viene incrinato, come sottolineano i passaggi in minore, dalla sorpresa che coglie il protagonista quando si trova davanti Masetto.

Poi, dopo un nuovo intervento del coro di servi, la scena si sposta su Don Ottavio, Donna Elvira e Donna Anna (4:30):


Tutti e tre mascherati, cercheranno di fare una seconda sorpresa (un po' più pericolosa della prima) a Don Giovanni. Questa sezione è divisa in tre fasi: la prima agitata, la seconda danzante (si sente il minuetto suonato dall'orchestrina del protagonista, che interviene con Leporello per invitare le tre maschere), la terza (6:33) molto lirica col celebre terzettino "Protegga il giusto cielo" sorretto dai soli fiati.

Tutti gli episodi del I finale sono nettamente definiti e separati l'un dall'altro, specialmente sotto il profilo melodico, quasi si trattasse di duetti e di concertati staccati anziché di una sequenza fluida e continua di avvenimenti.  

Dopo la pausa riflessiva dei tre personaggi in incognito, si parte in campo lungo con la festa sotto i riflettori e quella che potremmo chiamare una tarantella di benvenuto (8:28). Ora tutti sono in scena, compresi i suonatori che, di lì a poco, eseguiranno tre danze, di melodia e di ritmo diversi nello stesso momento.

sabato 20 ottobre 2012

258 - Recitativi accompagnati (6)

Non ci si aspetterebbe mai che, in un'opera buffa frizzante e disimpegnata come La finta giardiniera (in realtà uno dei primi capolavori operistici mozartiani) figurino due recitativi accompagnati, il secondo dei quali è una sorta di dramma nel dramma.

Vediamo però con ordine questa breve sequenza. Il Contino, uno degli svariati personaggi della Finta, ha in sorte un lungo recitativo variamente strumentato di circa 3 minuti ("Ah non partir", seguito dall'aria "Già divento freddo"). Come spesso avviene in questi casi, è la prima sezione della scena ad attirare maggiormente l'interesse (l'aria si muove lungo sentieri consueti, adottando il convenzionale lessico buffo). 


Nel recitativo accompagnato, invece, Mozart fa sfoggio di melodie più accattivanti e aromatizzate. Altrettanto si può dire del secondo della serie, "Dove mai son! Tu mi lasci?". Raffinatissimo, poi, il duetto della riconciliazione che lo segue a 3:01, preludio al coro finale.


Nonostante l'età assai giovane del compositore, le sfumature psicologiche sono ormai una materia dominata e resa con semplice maestria, anche se in queste opere i caratteri sono ancora appena accennati. Ben presto, quando verrà alle prese con libretti meglio costruiti, Mozart dimostrerà cos'è capace di fare in modo anche più evidente di questo.

mercoledì 17 ottobre 2012

257 - Addio al piano

Doveva essere la prima di una serie di sei sonate e invece è stata l'ultima di Mozart. Parliamo della KV 576, una Sonata "per principianti" in re maggiore talmente semplice da far fumare i tasti. Gli abbozzi di altri allegri, rondò e tempi simili per tastiera sola che accompagnano quel travagliato periodo e forse erano i cartoni preparatori delle altre sonate (poi mai composte) testimoniano che Mozart si mise d'impegno per soddisfare la nuova commissione, ma evidentemente incontrò difficoltà maggiori del previsto.


Nel primo tempo Mozart costruisce un bell'edificio contrappuntistico partendo dal consueto temino accordale, in apparenza innocuo. D'altronde il suo ultimo stile è una summa di semplicità e contrappunto, di cantabilità e sapienza compositiva. Una fusione che sarebbe riuscita più avanti anche a Haydn nei finali delle Londinesi.


Nello sviluppo del I tempo il tema viene stravolto e passato al vaglio di tonalità ben lontane da quella principale, con la mano sinistra serratamente impegnata a colmare i vuoti della sua parte riprendendo gli spunti della destra, come in un canone. Tutto diverso, però, il clima dell'Adagio. Tempo colmo di rimpianti e di soluzioni armoniche inconsuete in Mozart, si abbandona totalmente alla sua melodia e instaura, con un tappeto di note ribattute, una tensione dolorosa nella seconda parte:


Il virtuosismo del III movimento riporta la sonata sui binari del I. Le fulminee terzine di semicrome irridono alla dicitura "sonata facile", che Mozart aveva annunciato in una drammatica lettera a Puchberg, i passaggi in tonalità strapiene di diesis svelano una strada che forse, nel secolo entrante, l'autore avrebbe seguito. C'è chi ha parlato di musica già schubertiana: senza spingerci troppo in là (tutto è classico, anche in questo rondò quanto mai atipico per Mozart), diremo che l'effetto di accelerazione impresso a tutto il movimento, specie quando la sinistra interviene con un accompagnamento di velocità folle, è certamente una novità nella scrittura tastieristica dell'epoca:


venerdì 28 settembre 2012

256 - Sfide

Riprendendo il nome d'una fortunata trasmissione televisiva, questo post esce alla luce per dimostrare anche il mondo della musica classica ha avuto le sue brave sfide. Una delle più note per i classicisti è quella tra Mozart e Clementi, qui illustrata ammodo:



In altre parole (o in altri suoni), vengono eseguite le musiche esibite in occasione di quell'incontro. C'è anche il celebre tema della Sonata in si bemolle che ottenne fama e celebrità passando nell'Ouverture del Flauto magico. Difficile pensare a un omaggio, però: Mozart disse le proverbiali peste e corna del povero Clementi, colpevole d'essere "un puro mechanicus". 

Forse, se non avesse suonato proprio il piatto Allegro che, come unico squillo, vanta il futuro tema del Flauto magico, Clementi avrebbe ricevuto un giudizio meno impietoso. Per esempio sarebbe andata a meraviglia questa:


Ovviamente questa sonata è stata composta un pochino più tardi (1821), ma evidentemente l'abilità clementina nella composizione doveva ancora perfezionarsi quando ebbe luogo lo scontro con Mozart. Fino a un certo punto, però:


Questa era del 1782, dunque in tempo per la sfida.

giovedì 27 settembre 2012

255 - Svidibuda come se fosse antani

Una delle più grandi satire musicali, senza andare a scomodare P.D.Q. Bach, è il Sestetto per archi e corni KV 522, una vera e propria fucilata ai compositori senza speranza. Qualche biografo ci ha visto la frecciata al padre Leopold, allora da poco scomparso.


Il padre non c'entra: Leopold sapeva comporre. Componeva antiquato, ma componeva. Tant'è vero che il Sestetto, altrimenti detto "Scherzo musicale" o "I musicanti del villaggio", non ha affatto uno stile antiquato né rifà il verso alle Sinfonie dei giocattoli, alle Nozze rustiche o ai Concerti per trombone: anzi si butta nella scia dei divertimenti anni '80 con un organico comune e alla moda (quattro archi e due corni). Il Trio del minuetto ha velleità di durata addirittura romantiche, raggiungendo una lunghzza inusitata e sconsiderata per quello che ha da dire. 



Oltre agli spropositi di struttura, il Sestetto inanella stecche deliziose, al punto che quella con cui l'opera si conclude è solo l'ultima di una lunga serie. Il Finale, una spassosa cavalcata inframmezzata da sortite contrappuntistiche rovinose e orrori assortiti in libera uscita dei corni, dimostra una volta di più che se le intenzioni (le melodie) sono ottime, non altrettanto può dirsi dei risultati (gli sviluppi):