Il terzo atto presenta uno dei più alti esempi di concertato mozartiano: il sestetto Riconosci in questo amplesso bissa la fase conclusiva del Finale II, con due gruppi di personaggi contrapposti e una varietà di melodie e caratteri che è semplicemente sbalorditiva.
Figaro scopre che Marcellina, aspirante sua sposa, è in realtà sua madre, e che Don Bartolo è suo padre. Fin qui ci sarebbe poco di speciale, visto che svolte come queste eran quasi la norma nelle trame dell'epoca, ma entusiasmante è il modo in cui Mozart ci raffigura musicalmente questo improvviso cambio di ruoli, appreso giusto pochi secondi prima nel recitativo precedente.
Sullo sfondo orchestrale autonomo si stagliano le voci di Marcellina, di Figaro e poi di Bartolo, ormai riconciliati dopo un processo che pareva aver mandato in fumo il matrimonio dell'ex barbiere con Susanna. Sconcertati, il Conte e il giudice Don Curzio si spartiscono brevi frasi di disappunto.
Questa prima sezione del concertato si conclude, quando Susanna fa il suo ingresso (0:50) tutta contenta perché ha trovato i soldi per pagare il debito di Figaro e impedire a Marcellina di sposarlo. Il quintetto diventa un sestetto e Susanna diventa di marmo quando vede il fidanzato abbracciato alla nemica di sempre, già sbeffeggiata nel I atto. Si noti che i temi ascoltati prima non scompaiono in questa seconda sezione, ma vengono talvolta ripetuti e talvolta variati secondo le circostanze.
Inviperita, Susanna dirotta la musica su toni frementi di sdegno e molla uno schiaffo a Figaro, che cerca invano di calmarla. Toccherà a Marcellina spiegarle come si è svolta la faccenda. Susanna, incredula, chiede rassicurazioni, che le vengono date (2:41) in un crescendo di domande e risposte (e di conferme) che frastornano di gioia la ragazza.
Così si chiude anche la seconda sezione del concertato (3:29), invero estremamente composita e a sua volta divisibile in più parti, e comincia la contrapposizione finale, con temi celestiali per gli sposi e i genitori ritrovati e accenti fieri e mugugnanti per il Conte e Don Curzio. Il tutto mirabilmente senza soluzioni di continuità, nella più gloriosa fusione di mezzi orchestrali e vocali.
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