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domenica 18 settembre 2011

106 - KV 595: un Concerto leopardiano

Opera diversa da tutti gli altri concerti mozartiani (anche da quello per clarinetto, che pure ne riprende in parte il carattere nel movimento centrale), il KV 595 lascia tutto lo spazio che si vuole alle interpretazioni. C'è chi l'ha visto come presagio della morte ormai vicina (la data di composizione è il gennaio del 1791), ma si potrebbe intendere come un semplice addio alla carriera da solista o alla giovinezza, o ancora l'espressione di un momento di particolare sconforto.



La caratteristica più interessante di questo Concerto è che la malinconia mozartiana, presente altrove solo in alcuni temi, negli sviluppi o al massimo in singoli movimenti, qui domina l'intera composizione. Già l'inizio dell'Allegro, con le battuta a vuoto che prepara il primo soggetto (elemento già comparso nell'incipit della 40° Sinfonia), sprofonda in un'atmosfera tormentata, a dir poco dolente, benché la melodia sia apparentemente serena e costruita sul semplicissimo accordo di tonica. La fanfara che segue immediatamente, lontana dagli accenti trionfali che segnavano opere euforiche come il KV 451 o il KV 503, acuisce questa sensazione di fatalismo oscillante tra malinconia e disperazione; tuttavia il carattere di tutto il movimento è indefinibile e si riverserà anche su quelli successivi, costituendo già di per sé il fascino di questo brano.




Secondo il Della Croce i temi esposti in questo tempo sono cinque: oltre a quello principale, l'orchestra accenna una frase che riesce (in quattro note soltanto) a esprimere dolcezza, rimpianto, angoscia ed è appena arginata dall'altrettanto rapida risposta dei legni, poi tenta di stemperare la tensione con una melodia discendente più serena, anche se non meno languida delle precedenti, e poi prepara l'entrata del solista con un'improvvisa accelerazione, alternando ancora pensieri tristi a incisi drastici e appassionati che, ancora una volta, ci ricordano la 40° Sinfonia; il pianoforte aggiunge solo un tema, e non subito: riprende pari pari l'esordio orchestrale, si appropria della terribile fanfara attenuandone l'effetto quasi straniante che aveva lasciato prima sull'ascoltatore, poi rielabora a modo suo gli altri soggetti porti dall'orchestra e sciorina infine il suo tema, un'incerta e sconsolata meditazione irta di cromatismi. Nei concerti in minore il solista aveva il compito di attenuare gli scoppi della controparte e regolarmente ci riusciva; qui invece pare assecondare l'orchestra o confondersi con lei.

2 commenti:

  1. First I love to hear the old masters playing together. It sounds wonderful. And as for your impression: I had to use a translation program (which always gives some funny results), but I could understand the quintessence of your review. Besides I recognized quite a lot of what I have written on my own blog. All in all a great post and I keep on visiting you blog with much pleasure.

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  2. Welcome to the blog Kees! :)

    This Piano concerto (particulary the 1st movement) talks to us with a special and unique language, so that many impressions are often shared between its admirers. Fancy that, I wrote this comment about four years ago!

    Read you soon ;)

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