Non si conosce l'anno in cui fu composta la 2° sinfonia di Vanhal in sol minore, ma le analogie, che non sono sfuggite ai critici, potrebbero metterci sulla buona strada e indurci a datarla non dopo il 1773. Il nervosismo è più controllato, ma il risultato è ugualmente pregevole.
Il primo tema si fa strada lentamente, sinuoso e sinistro, seguito poco dopo da una sorta di variazione in maggiore (0:44). L'arguzia con cui è trattato rende superfluo un secondo soggetto, per cui l'esposizione è monotematica e lo sviluppo non aggiunge molto altro materiale, come avviene sovente in Haydn.
Molto più disteso è l'Adagio (5:02), in cui l'oboe domina la scena accompagnato dai pizzicati degli archi.
Di ben altro interesse è il Minuetto, animato da uno spirito sardonico alla Dittersdorf e melodicamente vicino al tempo analogo della KV 183, e anche il Trio (1:23) vi si appressa con il suo raffinato assolo per oboe. Il bellissimo Finale (3:47) ricorda per tensione e impegno sia la "Piccola" mozartiana che la 39 di Haydn:
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