Cerca in Daily Mozart

martedì 13 settembre 2011

101 - Notturno con piano

Il Terzetto per soprano, tenore e basso, per il quale era originariamente previsto l'accompagnamento di flauto, due clarinetti, due fagotti, due corni e contrabbasso (rimasto allo stato di abbozzo), prende spunto da una melodia del cantante Michael Kelly, che l'aveva scritta per due soprani e pianoforte, e ricorda molto i notturni mozartiani:   


Da Kelly stesso sappiamo che Mozart scrisse anche delle belle variazioni su questo tema, che purtroppo non si sono conservate o non sono state segnate sulla carta. Il pezzo è semplicissimo, con il grazioso spunto di ripetere la parola "grazie" alla fine della frase musicale non più come locuzione, bensì come interiezione.

Purtroppo la canzonetta del Metastasio "La libertà a Nice" da cui è tratto il testo è stata musicata solo fino alla prima strofa e la composizione, lunga appena 26 battute, si può considerare non più di un bel frammento, tuttavia meritevole di attenzione. 



10 commenti:

  1. grazioso. l'accompagnamento per pianoforte è dell'abbozzo di Mozart o è completamento esterno alla mano dell'autore?

    RispondiElimina
  2. A quel che sembra l'accompagnamento è stato aggiunto nell'edizione di Breitkopf & Hartel, non si sa però chi ne sia l'autore.

    Si sa per contro che l'autografo non recava il testo (lo inserì Kelly), che le parti dei fagotti, dei corni e del contrabasso sono rimaste vuote e che quelle degli altri strumenti non vanno oltre l'8°-10° battuta, e oltretutto sono all'ottava o all'unisono con la linea del soprano e del tenore, come ci informa il Koechel.

    RispondiElimina
  3. ah bene. E' comunque interessante notare quanto Metastasio ritorni frequentemente nella vita di Mozart, anche nelle canzonette. E questo stona con una visione, non ancora del tutto superata, di un Mozart che rigetta l'arcadia e le sue rigidità formali

    RispondiElimina
  4. Abbiamo addirittura dei biografi che hanno maledetto la commissione della Clemenza di Tito, quasi non volessero che Mozart si rimettesse al lavoro sui versi metastasiani.

    Inutile dire che Mozart onorò invece al meglio l'impegno, e oltretutto si riservò di aggiungere in un secondo tempo le parti dei fiati, assenti in molte arie a causa del poco tempo a disposizione per comporre l'opera.

    A quanto pare, solo la morte impedì questa revisione che avrebbe arricchito un capolavoro già considerevole.

    RispondiElimina
  5. esatto. Basta vedere quale rigogliosa orchestrazione prevedono l'ouverture, i cori, la marcia e i finali. Lascia senza fiato immaginare come potrebbe suonare l'intera partitura orchestrata completamente.
    Purtroppo la vulgata tradizionale la vede come un intoppo, un fastidioso contrattempo che gli impedì di dedicarsi completamente alla Zauberflote e al Requiem, portati in Parnaso dai musicologi ottocenteschi, vedendo in questi lavori una sorta di testamento spirituale. Non accorgendosi di quanto quel requiem fosse molto al di sotto della norma stilistica mozartiana, e allo stesso tempo disprezzando a priori la Clemenza come un passo indietro (vedi Dent)

    RispondiElimina
  6. a proposito, ho letto d'un fiato il libro di Buscaroli, che adora la Clemenza, e mi ha sorpreso vedere confermate "ufficialmente" le stesse idee che pensavo da tempo. Quest'opera è sempre stata la mia favorita, contiene alcune delle più belle pagine che Mozart abbia mai scritto in assoluto

    RispondiElimina
  7. Il Requiem, se lo confrontiamo col Kyrie di Monaco o con la tormentata Grosse Messe in do minore di qualche annetto prima, è davvero un passo indietro. Non sotto l'aspetto qualitativo, intendiamoci (perché sotto sotto viene quasi spontaneo preferire il KV 626 al 427, se non altro perché più noto e popolare), ma sotto l'aspetto del "progresso musicale".

    Sul tracciato che va dai capolavori bachiani alla Missa Solemnis beethoveniana, Mozart è sicuramente in posizione più avanzata con la Messa in do minore che non col Requiem.

    C'è chi ha ipotizzato che Mozart scrivesse quasi per dispetto il Requiem, dovendo rinunciare alla paternità dell'opera perché così voleva il committente, imitando uno stile che non era il proprio e arcaicizzando alcuni passi ("il Kyrie" che riprende il "Sicut erat in principio" di CPE Bach, "già considerato antiquato per l'epoca in cui fu scritto", o il "Tuba mirum" con il suo assolo di trombone. Più vicino al Barocco che non al Romanticismo, insomma.

    RispondiElimina
  8. Ehm... Esattamente da quel libro, la "Morte di Mozart" di Buscaroli, ho ripreso le ipotesi e alcune citazioni che ho riportato nell'intervento precedente :D

    RispondiElimina
  9. il vero problema è che le parti scritte da Mozart sono poche, ed è inoltre molto difficile stabilire quali esattamente siano di sua mano, poiché Sussmayr lo completò scrivendo direttamente sull'originale, e avevano grafie molto simili. Ma pare che solo l'introitus sia completamente di mano di Mozart. Per questo è difficile capire quali esattamente furono le sue intenzioni compositive (vi è l'abbozzo di una complicata e monumentale fuga di chiusura al Quam olim Abrahamae). Sta di fatto che l'orchestrazione di Sussmayr è molto più pesante e scontata di quanto avrebbe scritto un Mozart del 1791 (ma non possiamo certo pretendere da un modesto allievo tutto il genio del maestro).

    RispondiElimina
  10. Sembrerebbe ripetersi con Sussmayr il destino che toccò il Concerto KV 268, abbozzato da Mozart e (pare) completato da tale Egk o Eck.

    Mozart lasciò tuttavia maggiori istruzioni all'allievo, oltre a qualche tema (in cui effettivamente riconosciamo la mano del genio, almeno riascoltando proprio il "Quam olim Abrahamae").

    Sussmayr, dal canto suo, non fu comunque un compositore da strapazzo ed ebbe l'onore di veder variata una sua melodia ("Tandeln und scherzen") da Beethoven. Certo, questo non bastava per essere pienamente all'altezza di un compito tanto arduo...

    RispondiElimina