Prima di addentrarci nelle bellezze del Quartetto KV 285, però, vediamo il "pacco mozartiano" per eccellenza: il Concerto per oboe KV 314 alzato di un tono e riciclato per il flauto (forse per mancanza di tempo? Strano, vista la velocità con cui Mozart sfornava musica). De Jean, ben lontano dall'essere soddisfatto, aveva già sentito quel concerto nella versione originale e ricambio Mozart di ugual moneta, come sappiamo.
Il I tempo di questo concerto, se togliamo il secondo tema che accenna blandamente a un altro secondo soggetto, quello della Sonata KV 545 (!), suona persino poco mozartiano e non è così chiaramente definito come il movimento di apertura del KV 313, assai più luminoso.
Lo stesso incipit è raffazzonato, ad onta degli eccelsi livelli raggiunti da Mozart in quel periodo (il Concerto Jenomy KV 271 è dello stesso anno), e presenta frasi alla rinfusa che non si riascolteranno più in tutto il resto del pezzo; anche il II tempo, di cui riappariranno ampi squarci nel lento della Sinfonia per il Thamos, resta francamente convenzionale, pur se ben scritto.
A risollevare in parte il Concerto da una sorte grigiastra interviene fortunatamente il Rondò, anch'esso buona anticipazione di un altro brano futuro (l'Aria "Welche Wonne, welche Lust" del Ratto dal Serraglio). Il felice profilo del tema e l'eleganza delle strofe ci restituiscono il Mozart che conosciamo.
A risollevare in parte il Concerto da una sorte grigiastra interviene fortunatamente il Rondò, anch'esso buona anticipazione di un altro brano futuro (l'Aria "Welche Wonne, welche Lust" del Ratto dal Serraglio). Il felice profilo del tema e l'eleganza delle strofe ci restituiscono il Mozart che conosciamo.
Di passata aggiungiamo che Mozart aveva anche abbozzato un altro concerto per oboe, in fa maggiore, finito nel Koechel sotto il numero 293:
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