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domenica 23 ottobre 2011

134 - Concertati: il percorso mozartiano (3)

Non era certo un caso se Raaff, primo interprete di Idomeneo, diceva di preferire un'Aria a questo Quartetto, che sovviene certo più alle esigenze drammatiche che a quelle belcantistiche. "Non c'è da spianar la voce, lo sento troppo stretto".

Tutto vero: poche frasi ampie e nessuna concessione alla Teoria degli affetti; qui ciascuno dei cantanti ha a disposizione una frase sua e tutta sua, che varrà anche a caratterizzarlo: fiero l'inciso iniziale di Idamante, consolatrice la risposta della coraggiosa Ilia, disperate le interiezioni di Idomeneo, biliosa la domanda di Elettra.


Ci sono naturalmente anche melodie in comune ("Se vedo il cielo irato" e più avanti "Peggio è di morte") che costituiscono delle colonne portanti per la struttura del brano. Ma, come ha notato Gallarati nel suo "La forza delle parole" (Una monografia sull'Idomeneo), il quartetto è strutturato in tre parti, ciascuna introdotta dalle parole "Andrò ramingo e solo" e che si possono considerare colonne portanti di una forma sonata interrotta, o meglio senza la ripresa (esposizione - sviluppo - coda).

Questa forma sonata particolare gioca con i diversi temi e sottotemi che vengono prima srotolati uno dopo l'altro di fronte all'ascoltatore, poi sottoposti a un vero e proprio lavoro di scavo in cui il tormento variamente sentito dei (e dai) personaggi si irradia in tutte le sue sfumature finché la chiusa, cupissima, sulle parole dell'incipit, non affonda l'ensemble in un disperato silenzio.


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