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sabato 5 novembre 2011

145 - Di Mozart oppure no? (2)

Per far risaltare i quattro strumenti sulla scena principale l'autore ricorre però a una doppia esposizione solistica, fatto che può aver fatto gridare più di un critico alla "ripetizione fuori luogo", per cui ci ritroviamo ad ascoltare il tema iniziale e successive controfrasi per tre volte in pochi minuti. Per contro, la scrittura di alcuni strumenti, come il clarinetto, con i suoi arpeggi indovinati, ma non insistiti, e senza virtuosismi eccessivi, sembra già preludere al Mozart del Quintetto KV 581 e del Concerto KV 622. In ogni caso si tratta di un'esposizione di oltre 7 minuti e mezzo, ben diversa da quella del Concerto per oboe di prima e molto più ricca, almeno sotto l'aspetto dell'orchestrazione.

Suona mozartiano anche lo sviluppo, con il suo inizio che esce dalle vie battute nell'esposizione (o meglio, ci mette davanti una melodia diversa da quelle udite) e la svolta in minore, priva di particolare drammaticità, una caratteristica che si riscontra in molte opere ottimiste del primo periodo (intendo prima del grande salto a Vienna). Staehelin vede una preponderanza esagerata dell'oboe che squilibrerebbe questa fase, ma i passaggi sincopati, il garbato utilizzo del modo minore che torna utile a mo' di contrasto, ma non influisce più di tanto sull'umore del brano, e la varietà del materiale che serve a rimpolpare lo scarso numero di idee presentate all'inizio. Impossibile, comunque, non pensare a un'opera ambiziosa, considerando le dimensioni, la quantità dei dettagli nella scrittura orchestrale e solistica e lo sfruttamento delle possibilità offerte dai singoli strumenti, un pregio che può richiamare il lavoro di scavo effettuato nel Quintetto KV 452, tra l'altro per gli stessi strumenti a fiato oltre al pianoforte.


Nel 2° movimento non solo l'autore conferma quanto di bello ha fatto ascoltare nel 1°, ma va anche molto oltre, con un solenne inizio a canone che coinvolge l'orchestra e subito dopo i solisti. Nessuna pedanteria né scialo di vanterie contrappuntistiche: qui si va dritto al sodo con una melodia che prende quasi immediatamente il sopravvento e che è la vera stella dell'opera. Anche qui il clarinetto prefigura le splendide evoluzioni dell'Adagio del KV 622, e l'oboe, "coprotagonista", non è da meno. Oltre a questo splendido tema c'è anche spazio per un corposo sviluppo, che riparte dal fagotto e da una melodia ancora inascoltata. Un passaggio cadenzale verso il termine del brano (al minuto 7:22) è addirittura presente in uno dei vari abbozzi di Mozart bambino.

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