"L'autografo della Symphonie concertante in si bemolle rivela una fretta insolitamente frenetica, pur tenendo conto che la scrittura di Haydn è tipicamente frettolosa e abbreviata. Nessuna edizione esistente ha pienamente risolto le incoerenze di questo autografo, che hanno spinto i revisori a risolverle in modo insoddisfacente [NdA: Il solo testo valido è quello della prima partitura tascabile, a cura di Christa London, London 1969], ma è evidente che questo lavoro relativamente tardo (1792) non è allo stesso livello delle sinfonie del medesimo periodo.
L'unità, essenziale secondo i concetti di Haydn, è resa più frammentaria in un concerto per quattro solisti che in un concerto per uno solo. Nello sforzo di raggiungere l'unità tra il solo e il tutti, Haydn colloca i solisti nella sezione finale del tutti orchestrale. Ma il risultato è ambiguo, perché i solisti suonano strumenti che già si trovano nell'orchestra. (Mozart omette i clarinetti dall'orchestrazione del suo Concerto per clarinetto.)"
Del secondo movimento restano un tema molto semplice, un'atmosfera dimessa e un'elaborazione incessante. Come sempre Haydn parte con una melodia sola e la spreme oltre i limiti del possibile. Tuttavia questo è il brano meno interessante dell'opera. Molto più originale è il terzo tempo con i suoi richiami al mondo operistico, genere peraltro non prediletto dall'autore:
Dopo l'inizio trionfale, il violino solista si esibisce in un recitativo interrotto a più riprese dall'orchestra prima di esporre il tema vero e proprio, una giravolta esultante. Inutile inoltrarsi in analisi formali, meglio godersi questo Finale che sta pienamente alla pari con le eccellenti Sinfonie haydniane coeve.
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