I tre movimenti giocano rispettivamente sulle melodie di un lied dell'editore-compositore Hoffmeister, di una canzone francese ("Il a des bottes") e di un'aria di Paisiello tratta dall'opera Le gare generose. Studi recenti dimostrerebbero che quest'opera dovrebbe risalire agli anni viennesi, e più precisamente al 1786 o al 1787, forse durante una serata dai Jacquin.
In tal caso, visto il livello che Mozart aveva ormai raggiunto in quell'epoca, questo lavoro non avrebbe potuto essere più disimpegnato.
Il flauto ricomparirà sporadicamente nei concerti o nella musica da camera di Mozart: nella Sinfonia Concertante KV 297b, oggi andata perduta, nel Concerto per flauto e arpa KV 299, all'altezza del KV 313 se non migliore, e nell'Adagio e rondò per armonica a bicchieri KV 617. Tutto sommato, questo strumento ha avuto dal Nostro più omaggi di quanti non ne abbia ricevuti il fagotto, l'oboe, il violoncello o la tromba.
Non è certo il quartetto che preferisco (che è ovviamente quello in Re maggiore) ed in effetti non sembra "all'altezza" dei coevi lavori mozartiani. Semplicemente splendido il concerto parigino per flauto e arpa (l'unico nel catalogo mozartiano che contempli l'uso di questo strumento) pieno di charme tipicamente francesizzante. E decisamente suggestivo l'adagio e rondò.
RispondiEliminaComunque per fortuna che non sopportava il flauto! chissà che avrebbe scritto allora se l'avesse amato XD
Sull'adagio e rondò pubblicherò presto qualcosa... E' un pezzo che non si ascolta quasi mai ed è una vera riscoperta ogni volta che un mozartiano vi si accosta. Lì il flauto ha una funzione soprattutto timbrica, ma indovinatissima.
RispondiEliminaKraus