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lunedì 25 marzo 2024

Grandi contemporanei: Joseph Martin Kraus (6)

Ed eccoci assieme a Kraus nel Grand Tour (espressione molto usata da Wiki per parlare del viaggio intrapreso dal nostro compositore alla scoperta e alla conquista dell'Europa). Il 7 ottobre 1782, giusto pochi giorni dopo l'inaugurazione del nuovo teatro dell'opera di Stoccolma (30 settembre). Le prime tappe di Kraus sono città dell'odierna Germania, tra cui Berlino, Dresda, Lipsia, Monaco di Baviera, Erfurt, Amorbach, Würzburg e Ratisbona.



Questa fase del viaggio occupa approssimativamente sei mesi (da ottobre 1782 a marzo 1783). Le città che ci interessano qui sono in particolare Amorbach (non indicata nella cartina e situata a ca. 70 km a ovest di Würzburg) e Ratisbona, nelle quali ha avuto rispettivamente inizio e termine la composizione della Sinfonia in mi minore VB 141. E' un'opera di dimensioni e ambizioni minori rispetto alla sinfonia precedente, e soprattutto priva di quei problemi e di quei dubbi che hanno caratterizzato la produzione stoccolmese, nonostante l'aggressività e la protervia del modo minore.



La VB 141 comincia con un Allegro spiritoso che può, nelle linee essenziali, ricordare la Trauersymphonie (44) di Haydn, anche se è più rapida e meno impegnata; un confronto tra le due composizioni sarebbe francamente fuori luogo.


In compenso l’orchestrazione è più nutrita rispetto alla VB 140 (un flauto, due oboi e due corni contro i due flauti e i due corni della Sinfonia in do# minore) e pare una sorta di omaggio all'orchestra di Ratisbona che piacque particolarmente a Kraus, il quale completò la sinfonia - stando a quanto afferma Van Boer - aggiungendo la parte di un flauto appunto nel Finale.





La forma-sonata di questo movimento è strutturata nei consueti due temi (in minore il primo, il maggiore il secondo, con transizioni relativamente estese che potrebbero essere agevolmente suddivise in sottotemi). Il tono è moderatamente drammatico ma la sezione dello sviluppo, per quanto combattiva e accidentata, è prevalentemente in maggiore e lil fraseggio più disteso in confronto alle opere recenti.

Come avviene spesso in Kraus, lo sviluppo finisce per fondersi con la ripresa, contratta e abbreviata. Il primo tema ricompare solo a tempo quasi concluso ed è seguito da una frase che ricorda quella con cui termina anche l’omologo movimento della Sinfonia KV 550 di Mozart.





Nell’Adagio non tanto ma con espressione abbiamo un tema molto cantabile e discretamente delineato con tanto di controsoggetto in minore (che poi è in realtà un temino appena abbozzato). Potrebbe essere un’aria d’opera molto ricca di idee, tanto più che l’esposizione prende esattamente lo stesso spazio già utilizzato nel I tempo (3 minuti su quasi 5, in questa esecuzione).

Lo sviluppo parte da un procedimento imitativo basato sul tema d'esordio che poi si evolve in un melodizzare circolare, affidato ai soli archi mentre oboi e corni tacciono, che si protrae fino alla ripresa. Brano molto sereno, ma anche poco interessante perché totalmente avulso dalle consuete tensioni kraussiane. È più un momento di riposo fra i due tempi estremi, certamente più mossi e agguerriti.





Il tempestoso, martellante Finale in 2/4 ha un peso superiore agli altri movimenti, pur rinunciando ai roventi conflitti della sinfonia precedente. Anche qui, secondo le regole, un soggetto in minore è seguito da un secondo in maggiore, agitato ma in ogni caso affermativo e predominante, al punto da sovrastare agevolmente la melodia di partenza, rispetto alla quale è molto più sviluppato.

L’elaborazione rifugge ugualmente da considerazioni pessimiste, anzi è avviata da una fanfara in maggiore al limite dell’euforico: il martellare delle prime battute si ripresenta subito, ma con un tono esultante, di modo che la logica alternanza col modo minore, al momento della ripresa, non oscura più di tanto il carattere di quest’opera neppure al momento della sua conclusione.

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