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lunedì 25 marzo 2024

Grandi contemporanei: Joseph Martin Kraus (30)

Nel Cantabile in sib "O hamn af hjelte, far och maka", Kraus bissa, ma con una maggiore tensione sottolineata dalle note ribattute dell'accompagnamento, il clima disteso del quartetto con coro. E' l'ultima aria prima del Coro conclusivo "Kungars Gud!", in cui coro e orchestra tornano a infuriare:


Il coro è diviso in due parti, la prima dirompente, la seconda meno mossa ma altrettanto dolorosa. Per pochi secondi torna lo schema ritmica del coro precedente "O skulder af blod", poi la musica si accora, rallenta, si scuote ancora, implode, muore. Il tutto in meno di 3 minuti, a coronamento di un'opera concisa, accesa e struggente a un tempo, tanto più degna dell'epigrafe apposta sulla lapide del compositore:

"Qui riposa ciò che di Kraus è mortale, ciò che è immortale vive nella sua musica”.

Più che lecito, è naturale chiedersi cosa avrebbe potuto mai combinare un Kraus sopravvissuto al suo secolo, magari a contatto con un Beethoven o uno Schubert. La stessa domanda è stata posta con Mozart, lo stesso Schubert, Hyacinthe Jadin, Arriaga e altri meravigliosi personaggi del mondo musicale, ma nel caso di Kraus il rimpianto – almeno per quanto riguarda il genere sinfonico – è ancora più pungente, perché opere come la Sinfonia in do/do# minore o la Funebre avrebbero potuto schiudere orizzonti forse più sconvolgenti di quelli promessi dalla KV 550 o dalla Jupiter.

Probabilmente è uno degli autori che meglio si sarebbero inseriti nel mondo musicale dell'800, considerata la sua predisposizione a una poetica beethoveniana, il suo sapiente utilizzo delle pause e i suoi cambi d'umore che possono ricordare C.P.E. Bach, ma a differenza di quest'ultimo Kraus li alterna con un controllo e una coerenza maggiori. 

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