L'ora del Fortepiano (3)
Per Kraus il 1788 è l'anno della riscossa: riacquista presso Gustavo III una posizione di prestigio e la fiducia che aveva perduto a causa delle cabale ordite mentre si trovava in giro per l'Europa, a metà maggio fa rappresentare il Soliman II per la Regina Sofia Maddalena (un successo che rimarrà in repertorio fino al 1817 con 31 rappresentazioni) e scrive una signora Sonata per fortepiano, la VB 196 cui avevamo già accennato. Con questa meraviglia Kraus si scioglie dalle rivalità e dai gravami della carriera terrena e s'allontana con un colpo d'ala dalle miserie degli Abati Vogler e dei Dottor Forkel.
C'è anche altro: forse la Sonata in mi è l'opera con cui Kraus più s'avvicina a Beethoven che, non va dimenticato, all'epoca non era ancora molto noto ed era alle prese con le sue prime composizioni; per intenderci, non aveva ancora scritto la Cantata per la morte di Giuseppe II, il suo primo capolavoro riconosciuto. Mozart componeva invece le tre ultime sinfonie e altre meraviglie nell'ambito della musica da camera, ma nella sonata per tastiera sola non si era mai spinto dove riesce ad arrivare Kraus con questo pezzo, al quale si può accostare piuttosto l'ultima sonata di Haydn in mi bemolle maggiore che vedrà la luce sei anni più tardi.
Il carattere moderno di questa musica si nota maggiormente nella versione per pianoforte Naxos che in quella più genuina, fortepianistica, della Stradivarius, ma se ascoltiamo i grandi al fortepiano troveremo anche loro più "arretrati" pure rispetto a se stessi:
Il movimento di apertura mostra già nei suoi temi di grande respiro un'ambizione che va al di là del primo Classicismo e delle sue formule. I tre soggetti (il terzo annunciato da quella che sembra una chiusura dell'esposizione) e la lunga transizione modulante in terzine si erigono come guglie e instaurano una Stimmung dolce, seria ed eroica che permarrà anche nel tempo successivo e non verrà rinnegata nel Finale.
Anche l'impegno virtuosistico richiesto dall'opera supera di gran lunga la norma dell'epoca e della restante produzione kraussiana, specialmente nel complessosviluppo, che sgorga spontaneamente dal fondo dell'esposizione e riutilizza il primo tema al basso sotto le volate furiose della mano destra. Ci vorrà ancora un episodio un po' più sereno prima della ripresa, che stringe i tempi e accorcia le distanze fra i primi due temi, ma rielabora la transizione e conclude in sordina il terzo, preparando il campo per il pensoso e ancor più composito Adagio che segue.
Anche l'impegno virtuosistico richiesto dall'opera supera di gran lunga la norma dell'epoca e della restante produzione kraussiana, specialmente nel complessosviluppo, che sgorga spontaneamente dal fondo dell'esposizione e riutilizza il primo tema al basso sotto le volate furiose della mano destra. Ci vorrà ancora un episodio un po' più sereno prima della ripresa, che stringe i tempi e accorcia le distanze fra i primi due temi, ma rielabora la transizione e conclude in sordina il terzo, preparando il campo per il pensoso e ancor più composito Adagio che segue.
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